25 anni senza Agostino Di Bartolomei.
Di Alessandro LugliNon ci sono parole per descrivere la morte di un campione unico, senza sbavature, taciturno, emblema della Roma vincente che fu. Sono passati 25 anni da quel 30 Maggio 1994 giorno in cui Agostino Di Bartolomei, si suicidò, sparandosi con una pistola, perchè diceva lui, abbandonato dal mondo del calcio, che lo aveva tanto amato e che lui a sua volta amava tanto. Una sentenza spietata. Condannare se stesso attraverso un suicidio, mai capibile e poco giustificabile. Figlio di una mente fragile e bisognosa di quell’amore e di quell’attenzione che il calcio l’aveva dato, prima facendolo diventare leader di una Roma, vincente, poi ottimo giocatore del Milan di Farina. Poi la Salernitana, dove chiuse la carriera. E li finì anche la sua vita di uomo.
Riporta Sportal.it “Prodotto del vivaio della Roma, che l’ha ricordato sul proprio profilo Twitter (“30 maggio, Ago nel cuore” il post), “Ago”, regista geometrico ed elegante e implacabile sui calci piazzati, giocò in prima squadra tra il 1972 e quel 1984, eccetto la stagione in prestito al Vicenza nel 1975. Nell’estate 1984 il neo-allenatore giallorosso Sven Goran Eriksson lo mise alla porta e Di Bartolomei si riciclò nel Milan, club già rifiutato prima di approdare alla Roma. Tre buone stagioni con in panchina il mentore Nils Liedholm, poi l’avventura a Cesena e la chiusura a Salerno con la promozione in B e un gesto che ha lasciato un vuoto ancora oggi incolmabile in un calcio “urlato” come quello attuale e nel cuore dei tifosi giallorossi”.
Alessandro Lugli
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