Atletico Madrid-Bayern 1-0: primo round a Simeone, basta Saul
Di Emanuele SaccardoAtletico Madrid – Bayern Monaco 1-0
11′ Saul
Partiamo con una banalità: Cholismo contro Guardiolismo, filosofie calcistiche a confronto. Una banalità trita che, però, spiega realmente tante cose. Da una parte l’Atletico Madrid del Cholo Simeone (a proposito: buon compleanno al tecnico dei Colchoneros), squadra educata al cuore oltre l’ostacolo, alla difesa estrema tradotta in contropiede di massa; dall’altra il Bayern di Pep Guardiola, evoluzione naturale del pensiero di Cruijff che fa del possesso palla sfiancante un dogma. Rovesci della stessa medaglia, in fondo, che declina in strategia volta al successo.
Due vincenti nella vita, Simeone e Guardiola, che ieri sera si sono scontrati nell’andata della semifinale Champions. Teatro della corrida il Vicente Calderòn, come sempre corona bianca e rossa intorno al terreno di gioco. Come sempre apripista di uno spettacolo abitato da adrenalina a livelli extraterrestri, in un’atmosfera elettrica sia fuori che dentro il campo. Quell’atmosfera che solo certe sfide possiedono: si aspetta il dettaglio, la giocata, lo spartiacque della serata, qualcosa da raccontare ai nipoti (citazione rubata a Jurgen Klopp).
Se nella sfida tra Manchester City e Real quell’attesa è stata vana, tra Atletico Madrid e Bayern la bacchetta magica degli Dèi pallonari ha disegnato i suoi arzigogoli sin da subito, il tempo di aspettare che Saùl indossasse per qualche istante i panni di Leo Messi. Il centrocampista spagnolo, ennesimo prodotto di qualità della cantera iberica, impiega 11 minuti per scardinare il reparto arretrato del Bayern: uno slalom da Alberto Tomba dei tempi migliori, quattro avversari saltati come bandierine e sinistro chirurgico alla destra di Neuer. Roba da tirar giù lo stadio, che in effetti ondeggia pericolosamente a margine della prodezza del ventunenne madridista.
Come si dice: 1-0 e palla al centro. Il Bayern impiega un tempo intero per riaversi dallo shock iniziale, Guardiola freme come il suo dirimpettaio ma in modo assai differente: Simeone pare scosso da una corrente continua, ipotetico preludio all’esplosione per un 2-0 sempre lì lì per concretizzarsi; Pep il filosofo, al contrario, teme che anche a ‘sto giro la missione Champions svanisca sul più bello, alle porte della finale. Sarebbe un disastro per il genio ex Barcellona chiamato a rivincere la Coppa dopo il triplete del dimissionario Heynckes. Un dettaglio il fatto che anche Pep abbia le valigie in mano.
L’Atletico Madrid gira molto meglio, anche se le occasioni da rete latitano (oltre al gol si registra solo l’acuto di Griezmann stoppato di piede da Neuer). Come contro il Barça, i padroni di casa sanno che il modo migliore per mettere in difficoltà i bavaresi, tutto tranne che fulmini di guerra in difesa, è lasciar loro il controllo della palla per aggredire solo dopo la metà campo ripartendo furiosamente verso la porta. Simeone ha eliminato due volte in tre anni i blaugrana, lo sa anche Guardiola. Quello che forse il tecnico spagnolo ancora non sa, almeno nella prima parte della gara, è che sembra in effetti un errore aver rinunciato a Mueller e Ribery per far posto ad Alcantara e Coman. Non è un caso che con loro in campo il Bayern sia riuscito ad essere più concreto, traducendo il possesso palla in qualcosa di più che semplice esercizio di stile.
Nella ripresa, comunque, il copione cambia subito. L’Atletico commette l’errore di schiacciarsi troppo, dopo la clamorosa traversa di Alaba (una saetta dai 25 metri da guardare e riguardare) si abbassa ancora di più. Ci prova anche Vidal ma Oblak è reattivo e attento; è a questo punto che Guardiola fa dietro front inserendo Mueller e Ribery, capisce che i Colchoneros sono in debito di ossigeno e non ce la fanno più a uscire dalla loro metà di campo. Poi, come spesso accade, nel miglior momento degli ospiti l’Atletico rischia di mettere l’ipoteca sul viaggio verso San Siro: contropiede “cholista” e Torres innescato in area, un gioco di prestigio per liberarsi della marcatura e cercare il montante lontano. Il palo strozza l’urlo in gola a Simeone e al popolo biancorosso.
Tutto rimandato al return match di martedì prossimo, con l’Allianz Arena già ribollente dell’intenzione di sovvertire il risultato. Guardiola e i suoi ci credono e fanno bene: al netto di un primo tempo sbagliato tatticamente, il Bayern c’è, è vivo e vegeto e fa sempre paura. Il punto debole è la lentezze difensiva: i centrali bavaresi rischiano di trasformarsi in carne da macello sotto i colpi delle scorribande di Griezmann e soci. Simeone non abbassa la guardia e impartisce lezioni di umiltà. Eppure, quando elimini il Barcellona, qualcosa sussurra che sei destinato quantomeno alla finale.
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