Gli ex del calcio: Angelo Frappampina
Di Alessandro LugliGLI EX DEL CALCIO: ANGELO FRAPPAMPINA
Angelo Frappampina è nato a Bari, il 10 febbraio 1956. E’ stato un difensore molto eclettico, terzino di propulsione, a volte ha giocato anche nel ruolo di stopper, e in taluni casi in attacco. Ha svolto la sua carriera prevalentemente in serie B e in serie C, però nella stagione 1983-84 ha militato il serie A, con il Napoli, segnando la rete della salvezza partenopea, in un famoso Napoli-Udinese 2-1.
Nella sua carriera ha avuto molti problemi di carattere fisico che ne hanno limitato le presenze nei vari campionati.
In carriera ha totalizzato 26 presenze (e una rete) in Serie A e 191 presenze (4 reti) in Serie B (65 presenze e tre goal in Serie C).
Nel 1984-1985, per illecito sportivo e “Totonero” subì la squalifica di cinque anni per il cosiddetto “Caso Padova”. Tornò in attività nel 1990 all’Altamura, in Serie C2, dove concluse la carriera collezionando 2 presenze nel campionato 1990-1991 (terminato dalla squadra murgiana con la retrocessione, seguita da ripescaggio).
Ecco alcune sue dichiarazioni soprattutto sul periodo napoletano e sul goal realizzato all’Udinese che diede la salvezza agli azzurri:
«Lo segnai quel goal contro l’Udinese. Evitammo di andare in B. L’anno dopo nacque il grande Napoli di Diego. Ma io non c’ero più». Un anno solo a Napoli, eppure in tanti lo ricordano ancora. Angelo Frappampina sgobbava sulla fascia sinistra. Suppliva con corsa e cuore alla mancanza di talento. Del resto era l’83-84, stagione di transizione tra Krol e Maradona.
Finito proprio di correre?
«Ormai ho 63 anni. Ho deciso di andare in pensione e godermi i nipotini».
Nonno a tempo pieno quindi?
«Assolutamente sì».
Anche perché con i ragazzi lei ci ha lavorato per anni.
«Ho avuto una scuola calcio a Palese, vicino Bari, per anni. L’ho aperta subito dopo il mio ritiro, nel 1990. Ultimo anno all’Altamura. Alla fine ho preferito cederla».
Come mai?
«Un po’, come ho detto, per stare con i miei nipoti. Poi il ginocchio reduce da tante battaglie. Ma anche perché il calcio non è più quello di una volta. A livello di serie A ma anche e soprattutto tra i ragazzini, Troppa esasperazione e poca educazione».
Tipo?
«Ero nella Primavera del Bari. Allenamento alle 16, mi presentaì alle 16.05. L’allenatore, Luciano Pirazzini, di cui ho un bellissimo ricordo, mi fece andare via. Una grande lezione, che non ho mai dimenticato. Bisogna avere rispetto dei compagni e dell’allenatore».
Quindi basta con il calcio?
«C’entra anche il ginocchio, malandato ormai».
Allenerà i nipoti adesso?
«Se vorranno giocare qualche consiglio glielo posso dare. Adesso sono piccoli, corrono dietro al pallone. Uno è destro e l’altro è ambidestro».
I suoi figli invece hanno seguito le orme del padre?
«Uno fa l’avvocato, l’altro il rappresentante. Però l’avvocato, Beppe, è arrivato sino all’Interregionale. Una bella carriera. Ma sono contento così. L’importante è che siano brave persone».
A Napoli torna spesso?
«A dire la verità poco, però ho lasciato tanti bei ricordi. Ripeto, sono stato un solo anno ma la gente mi ricorda ancora e questo mi fa felice. Legai molto, fuori dal campo, con Pasquale Casale. Andavo spesso, come molti miei compagni, a mangiare al Sarago, a piazza Sannazaro».
Al San Paolo non ha più giocato.
«No, dopo quell’anno mai più».
Ci racconti quel famoso gol che evitò la retrocessione.
«Lo ricordo bene perché per me segnare era un evento storico. Andavo su e giù per la fascia, ma in quanto a tirare…».
Lei giocò abbastanza.
«26 partite, con quell’unico gol. Mi volle Santin a Napoli, un gentiluomo, era bravissimo. Era il tecnico. Venni preso in comproprietà con il Bologna. Ma fu un anno disgraziato, tribolato assai. Lo stesso Dirceu, un ragazzo bravissimo, di cui ho un ottimo ricordo, venne quasi all’ultimo. Mi dispiacque molto per la sua morte. Era molto legato alla Campania, gli era piaciuta questa terra. Partimmo male. Krol era reduce da un brutto infortunio. Santin venne esonerato e arrivò Marchesi. Ecco, forse il mio rimpianto è quello di non essere stato a Napoli in tempi più felici. Sarebbe stato fantastico, vista la città».
Poi partì dopo solo un anno.
«Eravamo in tre per un posto di terzino, fluidificante si diceva allora. Io, Boldini e Carannante. Non c’era più spazio. E poi il Napoli non voleva spendere soldi. Aveva dato tutto per Maradona quell’anno. Tornai in Puglia, a Taranto, dove purtroppo retrocessi in serie C».
Alessandro Lugli
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