Primi verdetti: Juventus penta campione, Verona in B
Di Emanuele SaccardoIl giorno è quello della Liberazione, dalle nostre parti una festa sentita e a tratti commovente. Un giorno sacro, per certi versi, qualcosa di intoccabile per gran parte degli italiani. Ma nel giorno più importante dal 1945 in avanti, si celebra un’altra festa e si certifica un impietoso verdetto: la Juventus è ancora Campione d’Italia e il Verona saluta la massima Serie. A loro modo sono state una sorta di liberazione, con la minuscola – è chiaro.
Per il Verona è una liberazione, in qualche modo, la certa retrocessione in Serie B. All’ombra del Bentegodi sponda scaligera, si è smesso di soffrire e si strizza l’occhio al paracadute economico concesso dalla Federazione ai Clubs che dicono arrivederci alla A. Era una retrocessione cui serviva soltanto la matematica, un fatto scritto da tempo per la squadra di Pazzini, Toni e Del Neri. E la certezza, guarda un po’ il destino, è arrivata dopo una vittoria in rimonta sul Milan (una nuova “fatal Verona” per i rossoneri, che ora rischiano il sorpasso del Sassuolo e l’Europa), un successo sudato e giunto al 94′ grazie alla super punizione di Siligardi. Ma non è bastato, perché un paio d’ore più tardi Lasagna teneva vive le speranze di salvezza del suo Carpi (gol partita contro l’Empoli) e condannava i veneti.
Dalle stalle si passa alle stelle, parlando di Juventus. Già, perché dalle parti di Vinovo è festa vera, è liberazione matematica che declina in vittoria: la Roma sgambetta il Napoli, come da programma sperato, e consegna il quinto scudetto consecutivo alla banda di Allegri. La rete di Naingollan, propiziata da una sontuosa giocata di Totti (ancora spicci di qualità per lui sul finire di gara), non solo tiene vivo il sogno del secondo posto per i giallorossi ora a – 2 dai partenopei; i 3 punti della Roma scolpiscono il + 12 della Juventus proprio sul gruppo di Sarri, quando mancano solo 3 gare al rompete le righe.
Ci sarebbe una vagonata di parole da scrivere per celebrare l’impresa della Juventus, un’impresa che eguaglia quella della Vecchia Signora allenata da Carcano che conquistò 5 titoli in fila dal 1930 al 1935. Ma tutti i discorsi possibili sarebbero riduttivi, è francamente difficile aggiungere qualcosa di più ai numeri di una cavalcata impensabile per come era iniziato il torneo. Lo sanno anche i sassi ormai: dopo 10 turni la Juventus aveva racimolato la miseria di 12 punti, addirittura era partita raccogliendone appena 1 nelle prime 3 uscite. Un disastro senza precedenti e giù tutti a mettere in dubbio il lavoro di Allegri, a risuscitare i fantasmi del suo post scudetto milanista. Gran parte della stampa (noi compresi, bisogna ammetterlo) aveva allestito in fretta e furia il funerale juventino, pur riconoscendo le attenuanti del caso: insomma, in estate Marotta aveva cambiato parecchio il volto della Juventus. Ci voleva tempo.
Nessuno però immaginava che ne bastasse così poco per trovare le giuste alchimie. Tanto merito va ascritto proprio a Max Allegri che, coadiuvato giorno per giorno dagli inossidabili senatori (Buffon in testa) e mai abbandonato dalla dirigenza, ha raddrizzato la barca e trovato la rotta. Dopo lo stop di Sassuolo e lo sfogo interno di Buffon ed Evra, le cose hanno preso la piega che a Vinovo conoscono meglio e che fa rima con tricolore. Dal derby in poi, vinto all’ultimo respiro, sono arrivati 24 successi in 25 gare, 73 punti conquistati su 75; implicitamente ci sono stati il nuovo record di imbattibilità vergato a fuoco da San Gigi (con la ciliegina del rigore parato a Firenze) e la conferma che chi ha la miglior difesa vince quasi sempre lo scudetto. La Juventus ha incassato appena 18 reti in 35 incontri, se preferite 0,5 a partita: non male per un reparto arretrato che ha dovuto fare spesso a meno di Chiellini e che ha una media età decisamente over 30. Nessuna squadra, partita tanto male, aveva mai ribaltato ogni logica in questo modo, vincendo alla fine il campionato. Non aggiungiamo altro.
A voler trovare per forza una macchiolina sul vestito buono della Juventus, c’è il discorso Champions League. Ma in fondo lì ci sarà tempo per migliorare e senza dubbio ne serve più che in Serie A per fare il salto di qualità definitivo; che, per inciso, la Juventus ha già fatto arrivando in finale nella passata stagione. Chiaro è che il quid da pescare si traduce in successo europeo. Allegri pare già carico: in fin dei conti ha fatto anche meglio di Conte, portando la Juventus a pochi passi dalla Coppa e vincendo 2 scudetti di fila contro ogni pronostico – e c’è ancora l’opportunità di un double bis con la finale di Coppa Italia del 21 maggio. Per il tecnico toscano fanno 3 campionati conquistati in 6 stagioni, a dimostrazione ennesima che dalle parti di Milanello, da molto tempo, la lungimiranza non è più di casa.
RISULTATI 35° TURNO SERIE A:
Inter-Udinese 3-1 (giocata sabato) Frosinone-Palermo 0-2, Atalanta-Chievo 1-0, Bologna-Genoa 2-0, Sampdoria-Lazio 2-1, Torino-Sassuolo 1-3, Fiorentina-Juventus 1-2 (giocate domenica), Roma-Napoli 1-0, Verona-Milan 1-2, Carpi-Empoli 1-0
CLASSIFICA:
Juventus 85*, Napoli 73, Roma 71, Inter 64, Fiorentina 59, Milan 53, Sassuolo 52, Chievo e Lazio 48, Genoa 43, Empoli e Torino 42, Atalanta 41, Sampdoria e Bologna 40, Udinese 38, Carpi 35, Palermo 32, Frosinone 30, Verona 25**
* Campione d’Italia, ** retrocesso
PROSSIMO TURNO (30 aprile, 1-2 maggio):
Udinese-Torino, Chievo-Fiorentina, Juventus-Carpi, Empoli-Bologna, Milan-Frosinone, Palermo-Sampdoria, Sassuolo-Verona, Lazio-Inter, Genoa-Roma, Napoli-Atalanta
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