E. League: United campione, Mourinho torna Special One
Di Emanuele SaccardoAi tempi del secondo mandato al Chelsea, Mourinho aveva dichiarato – con un certo snobismo di facciata – che vincere l’Europa League sarebbe stato una specie di fallimento, almeno per quel gruppo di calciatori. Oggi, al risveglio dopo i festeggiamenti per il successo di ieri sera sull’Ajax, il tecnico del Manchester United la penserà certamente in maniera diversa. Perché diversa è la squadra che ha in mano adesso; perché diverso è anche lui, Mourinho, già da tempo consapevole che conquistare un titolo europeo alla guida dei Red Devils era prioritario per il blasone da rinvigorire e, soprattutto, per il rientro in Champions League dalla porta principale, specie considerando un campionato in sostanza deludente.
Sì, Mourinho è in parte un uomo diverso da quello, per esempio, che giusto 7 anni fa (per la precisione il 22 maggio 2010, ndr) festeggiava lo storico Triplete alla guida dell’Inter. Mou è meno arrogante, un po’ meno spaccone e polemico il giusto. Sotto un altro aspetto, però, è lo stesso di sempre: vincente. Alla Friends Arena di Stoccolma, al termine di una assoluta lezione di tattica ai giovani imberbi dell’Ajax, si è ripreso il titolo di Special One. Non soltanto per la capacità di tirare fuori dai suoi il massimo, plasmandoli e rendendoli spessissimo capaci di giocare sull’avversario, di fatto non permettendogli di fare il proprio gioco; non solo perché ha avuto l’umiltà di cambiare modulo dopo l’infortunio di Ibrahimovic, passando al 4-3-3; e non unicamente per il ‘piccolo’ Triplete conquistato al primo anno sulla panchina dello United (oltre all’Europa League, in stagione sono arrivati il Community Shield e la Coppa di Lega).
Mourinho è tornato Special One per quelle 4 finali su 4 vinte nelle due competizioni continentali più importanti (2 Champions e 2 Coppa Uefa/Europa League); per il titolo numero 17 raccolto su 25 finali disputate; per aver portato i Red Devils nel gotha dei Club capaci di vincere i 3 trofei europei principali (la scomparsa Coppa delle Coppe, la Coppa Campioni/Champions e, ieri, l’agognata Europa League). Mou ha detto di aver reso omaggio e onore a Sir Alex Ferguson, proseguendone il lavoro e la tradizione. Pazienza se le sue squadre, rispetto a quelle dell’ex tecnico scozzese, non giocano un calcio spettacolare. Come sempre i suoi uomini lo idolatrano, persino Rooney (ieri entrato nell’ultimissimo scorcio di gara per poter, da capitano, sollevare il trofeo). Uno come José può essere considerato semplicemente speciale.
Nella serata più importante, Mou ha indovinato tutto. Anzi, ha pianificato tutto: annullare Dolberg, Younes, Klaassen, Ziyech e Traoré, le principali risorse dell’Ajax; decidere in quali zone del campo concedere campo e, dunque, soffrire (e nemmeno più di tanto, visto che i Lancieri, come previsto da Mourinho, impostando con Sanchez diventano poco incisivi); cancellare ogni linea di passaggio utile, facendo densità costante in mezzo al campo e raddoppiando (a volte triplicando) quando l’azione provava a spostarsi sugli esterni. Una mano gliel’hanno data certamente Pogba & Co., in una forma eccellente e con un fiato all’apparenza illimitato. La fortuna in occasione del primo vantaggio griffato proprio dall’ex Juve e il raddoppio opportunista di Mkhitaryan nella ripresa, sono stati logica conseguenza.
Onore a Mourinho, al suo staff e alla squadra, dunque; con un punto di gradimento in più perché il Manchester aveva 5 giocatori stampellati, capitanati da Ibra, a soffrire sulla linea del fallo laterale. Mille punti in più di gradimento a tutti, pubblico e Twitter del Manchester City inclusi, nella serata in cui è stato ribadito che lo sport sa unire cuori e fedi distanti. Specialmente a pochi giorni da un vile atto terroristico.
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