Italia-Albania termina 2 a 0 per gli azzurri, ma a vincere è la vergogna
Di Mauro D'AmicoTroppo semplice fare la cronaca di questa partita, con un’Italia come sempre cinica che riesce a capitalizzare al meglio le poche occasioni avute grazie alle reti di Daniele De Rossi su calcio di rigore conquistato da Andrea Belotti (prestazione la sua senza infamia né lode), e di Ciro Immobile che di testa batte il portiere albanese, suo compagno di squadra alla Lazio, Thomas Strakosha , dopo un ottimo cross del buon Davide Zappacosta. Più difficile commentare quello che succede negli spalti e fuori dallo stadio. Tante, tantissime le famiglie palermitane che accorrono al “Renzo Barbera” per andarsi a godere una bella sfida di qualificazione mondiale, ma già ai tornelli d’entrata c’è qualcosa che non va. Le file sono interminabili, cosa che sicuramente si sarebbe potuta evitare se degli agenti o degli steward si fossero posizionati davanti le transenne per impedire ai tifosi italiani e albanesi di scavalcare; forse il problema non se lo sono nemmeno posti, ma in un Paese in cui non si rispetta la fila al supermercato, come si può pensare di trovare civiltà allo stadio? Bho, il quesito è abbastanza logico. Una volta, finalmente, entrati ecco i soliti controlli; perquisizioni di zaini, di sciarpe, di giubbotti. Tutto normale, sopratutto in questo periodo la prudenza non è mai troppa, e di conseguenza non ti arrabbi nemmeno se ti vengono sequestrate bottigliette d’acqua, accendini o piccole aste di bandiere. La partita inizia e dal settore ospiti spuntano fumogeni e petardi, come è possibile? La “mia” Pepsi è più pericolosa di quella roba? Alquanto strano. I fumogeni vengono lanciati nel rettangolo verde, ferendo anche un’addetto alla sicurezza, e nella tribuna presidiata da tifosi italiani. I petardi si susseguono. L’arbitro allora decide di sospendere, e solo quando Hysaj e compagni si recano sotto la curva dei “tifosi” albanesi per calmare gli animi si può ricominciare. Dopo qualche minuto la polizia si reca all’interno della “gabbia” (come viene in gergo chiamato il settore ospiti al “Barbera”) per tenere tutto sotto controllo, e da questo momento in poi tutto fila liscio. Tutto questo è la dimostrazione della poca organizzazione che ancora vive nel mondo del calcio. Non è un attacco ai tifosi dell’Albania (moltissimi, infatti, i tifosi pacifici sparsi in tutto lo stadio, vista anche la folta colonia albanese che si trova in Sicilia), perché questi fatti avvengono ancora in tutti gli stadi d’Italia e del mondo, ma una protesta contro chi ancora non riesce a migliorare la sicurezza negli stadi. Basta poco d’altronde. Basterebbe velocizzare l’affluenza ai tornelli con delle regole semplice, in modo tale da poter permettere delle perquisizioni più approfondite; basterebbero delle punizioni più severe a chi non si comporta come di dovere negli spalti, e invece ancora vediamo nelle curve il famoso “Ivan il Terribile”, il serbo che nel 2010 fece tremare il “Ferraris”. Basterebbe, di certo, un maggior senso di civiltà e di buonsenso da parte di tutte le persone che si recano nei campi da calcio, ma questo sappiamo bene che è, oramai, una guerra persa. Dobbiamo e vogliamo assolutamente, al più presto, ammirare stadi più sicuri e organizzati, perché la “mia” bottiglietta di plastica non è, e non potrà mai essere, più pericolosa di un petardo. Questa vergogna deve finire presto, va avanti da troppi, intollerabili anni.
Articolo scritto da Mauro D’Amico.
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