Parma e Genova, storie di un pallone che si è sgonfiato
Di Daniele Grattieridi Lorenzo Cristallo
La ventiquattresima giornata di campionato ci lascia in eredità due storie dal sapore amaro. Due storie di decadenza del nostro calcio. Un pallone che si è sgonfiato, debiti e situazioni economiche disastrose che hanno condizionato e non poco il regolare svolgimento di questo turno di campionato.
Parma e Genova due immagini diverse ma dall’unico comune denominatore, un calcio che senza soldi non può andar lontano.
Ieri a Parma doveva andare in scena il match tra i ducali e l’Udinese, gara che non si è disputata perché a causa della nota situazione economica deficitaria dei gialloblu non ci sono nemmeno i soldi necessari per garantire il servizio degli steward. Sono mesi ormai che gli addetti alla sicurezza dello stadio Tardini non percepiscono compensi. Con essi sono a secco tutti gli inservienti che lavorano per la Parma calcio oltre ai calciatori che da otto mesi non percepiscono lo stipendio. La situazione dell’ex isola felice è drammatica, gli scenari che si aprirebbero sono raccapriccianti ed è a rischio il regolare svolgimento del torneo di A. Le ipotesi che circolano sulla situazione del Parma sono tante, la Lega insieme alla FIGC potrebbero coprire le spese della società emiliana da qui a fine stagione, conducendola ad un fallimento pilotato per poi ripartire dalla serie B. Un’altra ipotesi che prende piede invece è lo smembramento della prima squadra che oramai disillusa dalle promesse dei vari presidenti che si sono succeduti, ultimo in ordine di tempo l’imprenditore bresciano Manenti, potrebbero lasciare Parma e toccherebbe alla “primavera” scendere in campo e concludere il campionato. Ultimo e drammatico scenario sarebbe quello di un ritiro della squadra parmense e a quel punto verrebbe applicato l’articolo 53 delle norme organizzative interne federali che prevede che tutte le gare da disputare del Parma saranno considerate perdute con il punteggio di 0-3.
Ieri intanto alle 14,00 fuori lo stadio Tardini si sono radunati un buon numero di supporters gialloblu quasi a testimoniare la loro presenza nonostante la “morte” sportiva della loro squadra del cuore. Emblematica la scritta fuori i cancelli dello stadio” chiuso per rapina” a simboleggiare come una piazza importante del nostro calcio sia stata bistrattata da dirigenti senza scrupoli che l’hanno danneggiata profondamente.
Situazione grottesca che comunque ha messo in risalto come il calcio navighi in condizioni pessime si è vissuta a Genova, sabato sera in occasione del derby della Lanterna. Piove a Genova, pioggia che si abbatte sul capoluogo dal pomeriggio e il terreno di gioco dello stadio Ferraris diventa impraticabile. Perché tutto questo? Facile dare una risposta, il Consorzio che si occupa della manutenzione dell’impianto sportivo vanta un credito nei confronti dei due club genovesi di ben due milioni di euro. Ecco perché non c’era ombra di teloni per proteggere il manto erboso e vi erano solo due operatori che si occupavano del drenaggio del campo. Una disorganizzazione che ha origini lontane, una disorganizzazione che ci mette in ridicolo nei confronti di altri Paesi europei come l’Inghilterra dove le piogge sono frequenti ma rinvii di match per questi motivi non sono nemmeno lontanamente ipotizzabili.
Questo è la situazione attuale del nostro calcio, una partita che non si disputa perché non ci sono soldi per aprire l’impianto sportivo e garantire la sicurezza minima agli spettatori, un’altra che viene fermata da una pioggia qualsiasi. Forse tutto ciò è lo specchio del nostro Paese o di quel che rimane del nostro Bel Paese una volta florido e considerato da tutti come la patria del miglior campionato di calcio.
Ricordi che evidenziano ancor di più il malessere economico che attanaglia irrimediabilmente il mondo del pallone.
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