Juventus di nuovo in marcia, ma occhio all’asse Roma-Napoli-Inter
Di Emanuele SaccardoIl treno delle prime tre di Serie A non si ferma più, tra chi riparte convincendo (Juventus) e chi accelera di domenica in domenica (Napoli e Roma). Dietro le loro spalle, tuttavia, qualcuno ha smaltito il ritardo (Inter) e scala posizioni approfittando di convogli rimasti fermi sui binari (Lazio e Milan). Il terzetto di testa prova a scavare il solco, ma soprattutto Pioli potrebbe vestirsi da guastafeste in ottica Champions League.
Al netto delle solite esagerazioni da bar – Juventus troppo vulnerabile dopo Firenze, Milan addio terzo posto (e chi aveva mai davvero chiesto la Champions?), Inter ciao ciao Europa -, il calcio dimostra ancora una volta di essere materia avulsa alle previsioni e ai facili giudizi. Troppo semplice esaltarsi per una squadra e poche ore più tardi metterla alla gogna; più complesso analizzare un percorso, fatto per forza di alti e bassi, e tentare di comprendere tutto il lavoro che sta a monte. Senza la pretesa di travestirsi da veggenti, ma con la consapevolezza che ci vuole fatica sia per costruire che per valutare.
Ecco perché uno come Allegri, per esempio, incassa le critiche senza battere ciglio, avanza per la propria strada e con l’umiltà necessaria riflette: tipo sulle carenze del centrocampo bianconero, cui non può bastare un Marchisio a corrente alternata. Allegri lo sa, è intelligente, per cui non rimpiange i tempi andati di Pirlo, Vidal e Pogba. Fa con quello che ha, casomai riflette ancora più a fondo dopo qualche battuta a vuoto come Firenze. Così, una mattina, subito dopo un risveglio che sembra come tanti, ecco l’illuminazione: gioco offensivo. Non possiamo contenere? Bene, attacchiamo noi per primi, da subito. Sempre. Ovunque.
Il nuovo 4-2-3-1 della Juventus, intorno al quale Allegri rimuginava da un po’, è nato in questo modo: per necessità. Una necessità che ha portato la Vecchia Signora a schierarsi contemporaneamente con Higuain, Dybala, Mandzukic, Cuadrado e Pjanic. Non potrà sempre funzionare così, ovvio, intanto però le critiche, i dubbi e la Lazio sono stati spazzati via in un quarto d’ora. Primo posto ancora lì, vittoria consecutiva numero 27 allo Juventus Stadium e possibilità di allungo nel recupero con il Crotone.
Dietro la Juventus, come tuttavia accennato, c’è chi prende ancora meglio la mira: Napoli e Roma in primis. I partenopei, con il successo meritato e sofferto di San Siro sponda Milan, inanellano il decimo risultato utile di fila (7 successi e 3 pareggi). Per la banda di Sarri una conferma importante per candidarsi a guasta feste sia di Roma che Juve. E i 21 gol nelle ultime 7 uscite (3 di media a gara) testimoniano quanto il calcio offensivo e organizzato paghi molto più di un approccio sparagnino e attendista. Certo, il Napoli ha una sua permeabilità difensiva che cozza con il primato di miglior attacco del torneo (47 gol fatti, +5 su Roma e Juventus, e 24 subiti, -8 dalla capolista), un aspetto sottolineato dalla serata milanese da incubo di Tonelli e aggravato dalle assenze pesanti causa Coppa d’Africa (Koulibaly e Ghoulam).
Per quello che riguarda la Roma, in assoluto considerata dai più la vera anti Juventus, la ‘quadra’ trovata da Spalletti sembra a prova di bomba. Impermeabile alle critiche (sempre da bar, tipo: “Dzeko è bollito”) e alle defezioni (Salah via con l’Egitto), il tecnico toscano prosegue nella sua marcia a testa bassa. Un solo obiettivo: riportare lo scudetto nella parte giallorossa della Capitale. E con la quarta vittoria in altrettanti incontri disputati da inizio 2017 (3 in campionato e l’ottavo di Coppa Italia), c’è da credere che sarà battaglia vera fino a fine maggio. Se, poi, Dzeko dovesse continuare di questo passo (14 centri di cui 10 in casa, solo Messi come lui tra le mura amiche in questa stagione), sognare si può. Vero che il bosniaco spesso tende a sbagliare gol elementari, ma altrettanto spesso piazza la zampata da 3 punti. Alla fin fine, conta questo: la solidità mentale che ti fa superare la bufera.
Lo sa bene anche Stefano Pioli, che da quando è arrivato sulla panchina dell’Inter ha trasformato i musi lunghi della Pinetina in sorrisi: ora credere all’Europa, forse puntando addirittura alla Champions, è lecito. Con il successo di misura sul Palermo, i nerazzurri hanno centrato la sesta vittoria consecutiva: non accadeva dal 2012. Se si aggiungono anche i successi di Coppa, la striscia si allunga a 8. Niente male per una squadra che, meno di due mesi fa, era data per spacciata, senza più obiettivi se non tenere insieme i cocci pericolanti di una gestione discutibile. Ed ecco qua: le chiacchiere se le porta via il vento, l’Inter resta ben piantata al suolo e le sue radici in crescita rischiano di soffocare quelle di Lazio e Milan.
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