Finale Champions: Ancelotti e Simeone, sfida per la Storia

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Ancelotti-e-SimenonePrima che tutto accada; prima del fischio d’inizio agli ordini dell’olandese Kuipers; prima che lo stadio Da Luz di Lisbona si divida a metà fra Merengues e Colchoneros;  prima di sabato 24 maggio 2014, data della storica stracittadina in una finale di Champions League, evento senza precedenti. Ecco, prima di tutto questo, Carlo Ancelotti conduce 4-1 su Diego Simeone. O, se preferite, 3-0. Perché sulla carta il tecnico di Reggiolo è alla quarta finale di Coppa Campioni – da allenatore – mentre il Cholo è all’esordio e, in quanto a successi, Carletto conta su tre trofei sollevati contro zero.

Ma la Storia, sia essa sportiva o di altra natura, non si fa sulla carta; al massimo le statistiche e la cabala possono fornire indicazioni, suggerire aleatori pronostici. Eppure qualcosa sottolineano, eppure autorizzano onirici voli nella memoria passata e nel futuro da scrivere: la Storia, appunto.

Ancelotti arriverà all’appuntamento più importante della stagione affiancato dall’apparente serenità paciosa che da sempre lo contraddistingue. Il sopracciglio alzato, indice di scorbutiche elucubrazioni da sala stampa o a bordo campo, non si ravvisano nelle impressioni regalate ai cronisti a meno di settantadue ore dalla gara. Anzi, Ancelotti sostiene di provare belle emozioni, che preparare una finale di Champions ne genera di forti; traduce con la inconfondibile voce mono binario la sicurezza del condottiero navigato, capace in carriera di superare momenti complicati come l’alba livida del dopo Istanbul. Cosa volete che sia un dubbio di formazione? Tempo al tempo: per chi come Ancelotti “preferisce la coppa” (titolo della sua godibile autobiografia), i nodi da sciogliere somigliano ai tortelli fatti in casa mangiati in chissà quante cene all’ombra di un bicchiere di vino: si mandano giù la sera, si digeriscono la notte e la mattina dopo, quando si è ben nutriti e sorridenti, giungono le risposte. Alcune delle quali sono speranze, tipo ripetere la stratosferica semifinale con il Bayern, con la stessa intensità.

Ancelotti sa perfettamente che poter contare su Benzema – ancora in dubbio – Cristiano Ronaldo e Bale, può valere un orecchio della grande Coppa. Sa maledettamente bene che vincere contro l’Atletico Madrid significherebbe riscrivere la Storia del calcio europeo: decima Champions per i Blancos, quinta personale per Don Carlo (fin qui due da giocatore e due da allenatore con il Milan). Il Real farebbe un salto nell’iper spazio pallonaro del Vecchio Continente, lui scavalcherebbe tutti i predecessori, inclusi Paisley che vinse tre trofei alla guida del Liverpool (’77, ’78 e ’81) e il trio composto da Munoz, Cruijff e Rijkaard, uomini capaci come lui di conquistare l’Europa in quattro occasioni sia da calciatori che da tecnici. La pressione non lo spaventa, mai capitato; potremmo scommettere su un bel sonno ristoratore la notte della vigilia, magari dopo un bicchiere di vino e un tagliere di salumi.

Sull’altra sponda del Manzanarre l’orizzonte di Simeone sembra altrettanto sgombro da nubi: l’argentino, che ha riportato al Calderòn la Liga dopo diciotto anni – decimo alloro nella storia del club -, sorride con gli occhi. Sabato scorso il pubblico del Camp Nou ha tributato a lui e alla sua squadra un sincero applauso, che per il Cholo ha significato soprattutto il riconoscimento di un’idea: che il calcio praticato negli ultimi due anni e mezzo dall’Atletico poteva portare lontano e lo ha fatto. Dal quinto posto alla vittoria del campionato spagnolo, passando per i successi in Copa del Rey, Europa League e Supercoppa europea. Sì, alla casella “Champions” Simeone scrive ancora zero, ma zero sono anche le pressioni che ha addosso. Certamente, dice, è meglio vincere ma di fronte ad una eventuale sconfitta non ci sarebbero i presupposti per mettere in dubbio un lavoro andato al di là di tante aspettative.

A ben guardare però, forse, una piccola nuvola nel cielo terso di Simeone c’è; e ha il profilo di Diego Costa, unico vero e serio dubbio a pochi giorni dalla sfida con il Madrid. Vittima di una lesione muscolare al bicipite femorale destro, per tentare un recupero lampo l’attaccante brasiliano è volato in Serbia dalla “maga” rivoluzionaria che risponde al nome di Marijana Kovacevic. La Dottoressa utilizza metodi sperimentali tra cui le applicazioni di placenta di cavalla, unite a scariche elettriche ad alta frequenza, che promettono una guarigione muscolare più rapida. Può sembrare buffo e anacronistico come la pomata miracolosa che Andrade, gloria dell’Uruguay campione del Mondo nel 1930 e due volte oro olimpico nel ’24 e nel ’28, ricevette dal padre-santone, un unguento da spalmare sotto i piedi per correre più forte. Però le testimonianze di Van Persie e Lampard, che della dottoressa Kovacevic sono stati pazienti, pendono a favore della strana cura.

In conclusione: Costa o Ronaldo? Simeone o Ancelotti? chi di loro sarà il più decisivo? Quello che accadrà sabato sera a Lisbona nessuno può saperlo, la sola cosa sicura è che, vada come vada, qualcuno di loro entrerà nella Storia. Sempre sportiva, s’intende.


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