Mourinho moralista: veleno sul mercato del Porto
Di Emanuele SaccardoSe non si lasciasse sfuggire eclatanti giudizi, non sarebbe José Mourinho. Se non puntasse il dito contro – qualche volta a prescindere –, non sarebbe diventato lo Special One. Non è più una questione di esposizione mediatica personale per proteggere la sua squadra di turno, per accentrare su di sé le luci dei riflettori e lasciare che i giocatori lavorino con la testa sgombra. No, questa volta c’è di mezzo una questione morale. Legittima in effetti.
In un’intervista al The Guardian, infatti, Mou ha criticato aspramente il mercato del Porto, Club con cui vinse la Champions nel 2004 e che gli spalancò le porte del Chelsea. Il motivo? Spese eccessive in un momento di profonda crisi economica del Portogallo, patria dell’allenatore, nato e cresciuto a Setubal. L’indignazione del Mourinho-pensiero – o Moralinho, se preferite – si può riassumere nei 20 milioni di euro spesi dai Dragões per il cartellino di Imbula e nell’ingaggio annuale di Iker Casillas (biennale da 2,5 milioni a stagione, ma almeno la differenza la paga ancora il Real Madrid, ndr).
I detrattori dell’ex allenatore di Inter e Merengues potrebbero sostenere che, nei confronti di Casillas, ci sia quantomeno un’antipatia nata ai tempi della convivenza in blanco e mai sanata del tutto. Però… cui prodest? A chi giova? No, no. C’è da credere che davvero Mourinho sia profondamente disturbato dalla leggerezza economica della dirigenza biancoblu. Dice José: “Il mercato del calcio è inflazionato, basta vedere cosa succede. Il Portogallo ha problemi sociali, economici e politici; ci sono tagli agli stipendi, licenziamenti, chi resta disoccupato e anziani con pensioni da miseria. Ma il calcio fugge da queste situazioni”.
Tutto vero, anzi verissimo. Ma quando mai è successo il contrario, José? Le profonde riflessioni di Mourinho, cozzano un filo con il recente passato dello stesso Special One. Non è forse vero che ai tempi dell’Inter la situazione economica, politica e sociale italiana era instabile più o meno quanto quella lusitana? Non è forse altrettanto vero che pure la Spagna, al netto di una pressione fiscale sicuramente più ragionevole di altre in altri Paesi, combatte contro disoccupazione, tagli e quant’altro la crisi globale abbia generato negli ultimi anni? Eppure le faraoniche campagne acquisti di Moratti e Pérez non sembrarono togliere il sonno al tecnico di Setubal.
Ci scuserà il buon Mourinho, non vogliamo passare per “bacchettoni” e giudicare a nostra volta da un pulpito; in fondo in tanti, forse tutti quanti quelli che siedono nelle alte sfere del calcio che conta, hanno il polso della realtà un pochino debole. Dove girano tanti, troppi denari è assai facile che non venga colto il vero status delle classi sociali sottostanti, se non a parole. Per dimostrare a Mourinho che non lo si vuole alla gogna sulla pubblica piazza, fingeremo di sorvolare anche sulla questione Chelsea e sul portafogli a fisarmonica di Abramovich. Eh già, in fondo almeno in Inghilterra se la passano tutti alla grande. Oppure no?
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