Champions: 100 volte Ronaldo, ma le polemiche non si placano

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Partiamo subito da una considerazione: Cristiano Ronaldo è all’ottava stagione con la maglia del Real Madrid. Potremmo stare ore a snocciolare numeri, statistiche e record del fenomeno di Madeira; quello che ci interessa inquadrare è un dato riferito al Club: con il successo di ieri sera sul Bayern Monaco, i Blancos hanno raggiunto per la settima volta consecutiva le semifinali di Champions League. Qualcosa di oggettivamente impressionante nel calcio moderno, che non può esulare da ciò che abbiamo scritto all’inizio: Ronaldo, 7 volte su 8, ha contribuito a portare i suoi tra le Fab Four del Continente.

CR7 non gioca da solo, da lì il ‘ha contribuito’. Tuttavia è innegabile che il suo apporto abbia fatto e continui a fare la differenza. Una signora differenza. A 32 anni Ronaldo ha tagliato il nastro delle 100 marcature nella massima competizione europea per Club, un numero da capogiro pure per un super atleta come lui. Considerando poi che fino alla gara dell’Allianz Arena il portoghese era fermo a quota 2 centri stagionali in Champions, e che i detrattori si erano sbizzarriti nell’ennesimo requiem di un over 30, vale ancora di più. Tra andata e ritorno, contro il Bayern Ronaldo a segnato 5 dei 6 gol totali con cui i Merengues hanno passato il turno, arrivando complessivamente a quota 103 in tutte le competizioni europee. Andando a fare la conta delle firme stagionali tra Champions League, Liga, Copa del Rey e Mondiale per Club, Ronaldo ha messo insieme 38 gare e 31 sigilli (più 12 assist, per dire). Con buona pace dei detrattori di cui sopra.

Eppure c’è un’ombra. Non tanto sui record di Ronaldo o sul suo acclarato valore, quanto sulla tripletta di ieri sera. L’arbitro Kassai, in effetti, non è parso all’altezza dell’appuntamento: al di là del rigore dato al Bayern che sarebbe tutto da decifrare e del secondo inspiegabile giallo a Vidal, 2 delle 3 segnature del portoghese portano sulle spalle il fardello del fuorigioco. Sicuramente solare quello del 2-2 (che di fatto ha ucciso il discorso qualificazione), più sfumato quello del 3-2: sì, il passaggio di Marcelo è in avanti, ma la velocità poteva trarre in inganno.

Le critiche all’arbitraggio non si sono fatte attendere: poco dopo il fischio di chiusura, Twitter è stato teatro della protesta, per così dire, di alto lignaggio. Da Ballack a Gullit, passando per Piqué, i 140 caratteri social hanno trovato una velenosa convergenza che smorza un po’ i sacrosanti meriti del Real Madrid. In fondo, tra andata e ritorno, la squadra di Zidane ha confermato che essere campione in carica non è un dato marginale. Sul versante bavarese, Ancelotti non le ha mandate a dire a Kassai, sebbene con l’aplomb che da sempre lo contraddistingue: per l’ex allenatore del Madrid è indispensabile che la Var venga introdotta definitivamente al più presto, altrimenti quando il direttore di gara non è all’altezza si rischia ciò che è accaduto al Bernabeu. Dello stesso avviso anche Zidane, seppure con l’umore in direzione opposta a quella di Ancelotti.

Per noi ciò che conta davvero, a ogni modo e a giochi fatti, è stare a guardare se Ronaldo e il suo Real sapranno demolire un altro muro che sta in piedi da che la Champions esiste: dal 1992, infatti, mai nessuna squadra è riuscita ad alzare il trofeo per due anni consecutivi. Se ci sono un giocatore e un gruppo in grado di farlo, sono proprio i ragazzi di Zidane. Ma occhio all’Atletico: si sa mai che in semifinale tocchi incrociare ancora i concittadini, decisi a invertire il trend europeo delle ultime annate.

 

 


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