Eder e l’Italia agli ottavi: festa, sofferenza e un sogno in più
Di Emanuele Saccardo88′ Eder
Non accadeva da 16 anni che l’Italia vincesse due gare consecutive del girone preliminare alla fase finale di un Europeo. Da Belgio-Olanda 2000 a Francia 2016, passando per la gara contro il Belgio (vinta meritatamente lunedì scorso), arrivando al successo sudatissimo di poco fa con la Svezia di uno spento Ibrahimovic. Bene così: un 1-0 che vale oro (il passaggio agli ottavi con una giornata di anticipo) e maturato sui titoli di coda dopo quasi novanta minuti soporiferi.
L’Italia nel primo tempo non si vede praticamente mai tranne che nei primi 5′, quando la Svezia pare voler aspettare arroccata nella propria metà di campo. Ma ci si accorge in fretta che l’Italia non è quella della gara d’esordio: il fiato sembra stranamente poco e la testa altrove. Si sbaglia troppo in uscita, tanti appoggi facili diventano palloni recuperati dagli svedesi e Conte è una furia. In mezzo non c’è gioco: De Rossi si preoccupa di tenere a bada Ibra (con pieno successo), Giaccherini e Parolo si nascondono un po’ tanto, nessuno attacca lo spazio. Davanti Eder e Pellè non hanno la solita intesa, più per colpa del bomber del Southampton che dell’italo brasiliano interista. Per fortuna dietro si regge bene, Buffon è impegnato soltanto da un tiro a gioco fermo, Bonucci e Chiellini non vanno quasi mai in sofferenza. Ma tant’è: la partita la fa la Svezia, che a parte Zlatan ha poca qualità e si vede.
Nella ripresa ci si aspetta la reazione azzurra, che in effetti nel primo quarto d’ora arriva: l’Italia aggredisce alta, tutti sembrano più reattivi – persino il rimporveratissimo Pellé -, la palla si muove meglio da destra a sinistra dove con Candreva e Florenzi possiamo fare male alla fragile retroguardia avversaria. Ma l’intensità dura quel che dura, anche se abbiamo il merito di tenere la linea di difesa più a ridosso del cerchio di centro campo. La Svezia mette paura solo in fuorigioco, quando al 72′ Ibrahimovic si divora un gol fatto a porta vuota. Solo questo, Buffon non si sporca mai i guanti. Poi entra Zaza al posto di uno spentino Pellè (appena un tiro verso Isaksson), Motta rimpiazza lo stanco De Rossi e qualcosa cambia.
Non subito, tanto è vero che Conte ne ha per tutti e tutti allargano le braccia come a dire: “Di più non sappiamo, non possiamo fare”. Vero in parte: l’Italia ha poche idee ma sa metterle in pratica, lo ha dimostrato contro il Belgio. Basta più grinta, basta saper sfruttare il minimo dettaglio. Tipo un cross di Giaccherini che diventa un colpo di testa di Parolo fermato solo dalla traversa (82′). Tipo una rimessa laterale battuta da Chiellini, sulla quale Zaza fa sponda perfetta per Eder: l’italo brasiliano, a secco di gol da tempo immemore, inventa una serpentina in mezzo ai centrali svedesi e scarica alle spalle del portiere il pallone che ci vale il passaggio del girone. Eder, proprio lui, uno di quelli che incarna perfettamente la filosofia di Conte: sacrificio, corsa su ogni pallone, il cuore sempre oltre l’ostacolo a dispetto della qualità. Un diktat che lo porta ad avere ancora fiato al minuto 88, quello in cui scrive una nuova pagina di storia Azzurra.
Molto bene così. Chi lo avrebbe mai detto? E adesso sognare diventa un pochino più semplice.
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