Poker Napoli a Wolfsburg, Babacar sulla sirena a Kiev
Di Emanuele SaccardoTutto bene, finché dura. Godiamoci il bilancio più che positivo di questo spicchio di Coppe, che tra Champions ed Europa League ci hanno regalato la sensazione più dolce: le italiane ce la possono fare. Magari non a vincere i trofei – sarebbe troppa grazia – però le strade che conducono a Berlino e Varsavia non sono più male illuminate. E, con un po’ di sorte a favore, chissà. Dopo la Juventus, tengono alto il nostro morale anche la Fiorentina e soprattutto il Napoli. Se i viola recriminano per aver sprecato tanto ma tirano un sospiro di sollievo per essere riusciti a trovare il pareggio a Kiev nel recupero, i partenopei gongolano e non poco, in virtù dei quattro schiaffi inflitti senza pietà al Wolfsburg.
15′ Higuain (N), 23′ e 64′ Hamsik (N), 76′ Gabbiadini (N), 80′ Bendtner (W)
Allora è vero che, a volte, un ritiro fa bene. Per carità: non definitelo “punitivo”, De Laurentiis la prenderebbe male. Il patron aveva deciso, dopo l’ennesima sconfitta del Napoli in campionato, che per salvare la stagione e ricementare un gruppo quasi allo sbando sarebbe servito un lunghissimo ritiro (più spirituale, dunque). Lunghissimo vuol dire fino a fine maggio o giù di lì; salvare la stagione significa, in sostanza, arrivare almeno in finale di Europa League per l’onore, tentare di sollevare al cielo la Coppa per l’accesso in Champions (quindi per l’introito economico, di conseguenza in ottica mercato).
I primi risultati dell’ira funesta presidenziale si erano intravisti contro la Fiorentina, un secco 3-0 propedeutico alla trasferta tedesca. Ma i lupi di Germania facevano paura: secondi in Bundesliga, una sola sconfitta nelle ultime 23 partite, 9 vittorie consecutive in casa. Roba da lupi affamati e mai sazi. Ma il calcio, lo sappiamo, sa essere meraviglioso proprio perché se ne infischia dei pronostici e dei favoriti. Così, una volta ancora, il cielo sopra i tedeschi si tinge d’azzurro; di nuovo un’italiana fa la festa ai più emancipati calciatori teutonici.
Nel giorno del compleanno numero 55 di Rafa Benitez, i suoi gli fanno il regalo più gradito: sulla torta di fine match il tecnico spagnolo trova quattro candeline da spegnere e la certezza che, per una sera almeno, i lupi sono diventati agnelli e il Napoli ha fatto la parte del leone famelico. Nel segno di Higuain, Hamsik (doppietta) e Gabbiadini, il Napoli asfalta il Wolfsburg e prenota il posto in semifinale. Peccato soltanto per quel gol di Bendtner nel finale – la punta ex Juve ci prende gusto quando incrocia le italiane – che tiene aperto un minuscolo spiraglio nei cuori biancoverdi. I meccanismi difensivi napoletani, non è una novità, risultano spesso approssimativi; la conferma è arrivata nel momento in cui il troppo entusiasmo azzurro, sullo 0-4, lasciava gli esterni troppo alti e i due centrali dietro troppo soli.
Nonostante la furia a caldo di Benitez, ossessionato dalla fase difensiva e rabbioso con i suoi per la rete del 1-4 tedesca, i segnali di concreta ripresa ci sono stati eccome. Higuain ha ritrovato la via della rete (23 in stagione di cui 7 in Coppa) e gioca a memoria con tutta la squadra, Hamsik ha finalmente metabolizzato il cambio di posizione e la forma cresce vertiginosa (3 timbri in 2 gare e il ritorno in doppia cifra), Andujar si conferma solido estremo difensore (due parate da urlo in momenti delicati della gara). Poi il recupero fondamentale di Insigne, il jolly Gabbiadini (in gol dopo un minuto dal suo ingresso), la condizione fisica mostruosa di Maggio, il migliore specialmente nel primo tempo. Il Napoli non aveva mai vinto in Germania, nonostante vi avesse sollevato una Coppa Uefa (3-3 con lo Stoccarda quasi trent’anni fa): il vento pare cambiato. Buon compleanno, Rafa.
36′ Lens (D), 92′ Babacar (F)
Boccata d’ossigeno vera e benedetta. In questo si traduce il pareggio sul filo di lana della Fiorentina, fino al 92′ sotto per 1-0 al Luzhniki di Kiev. Negli ultimi dieci giorni la banda di Montella aveva perso la rotta, più nei risultati che nel gioco, in parte nella condizione atletica. E correva il rischio di smarrire del tutto i suoi punti fermi, costruiti con pazienza certosina dal tecnico napoletano, nel test europeo. Se in Coppa Italia e al San Paolo si era avvertito un serpeggiante nervosismo, una scarsa tranquillità nelle teste degli interpreti gigliati, in Ucraina la bussola è rispuntata.
La condizione fisica è comunque meno brillante di un mese fa, e ci può stare, ma il lavoro psicologico di Montella c’è stato e si è visto. Non era facile ripartire dopo 6 gol al passivo in due gare, con le bocche da fuoco Salah e Gomez rimaste per giunta all’asciutto. Non era semplice fare la partita da grande squadra, comandando le operazioni in casa della Dinamo. Invece la Fiorentina ci è riuscita, dal primo minuto ha cercato di imporre il proprio gioco, di trovare la via del gol (fondamentale, ovviamente, giocando lontano dalle mura amiche).
Ma la Viola spreca, arriva spesso a ridosso dei sedici metri per smarrirsi poi in conclusioni imprecise o deboli. Passano i minuti e si percepisce la sensazione che gli Dei del calcio possano confermare che quando si gettano al vento occasioni a ripetizione, poi si finisce per pagarle. Magari in modo beffardo. La legge del calcio non perde un colpo: una manciata di minuti dopo la mezz’ora, Lens conclude verso la porta di Neto, un tiro velenoso e potente che, sporcato dalla deviazione di Tomovic, mette fuori causa il portiere brasiliano e si traduce nell’inatteso svantaggio ospite.
La Fiorentina ha il merito di non disunirsi, di mantenersi aggrappata saldamente alle proprie convinzioni e al match. Nella ripresa parte ancora il treno toscano che sbatte ripetutamente sulla Dinamo, e anche sul palo. Borja Valero lo centra pieno quando al termine manca un quarto d’ora scarso. Qualcuno avrà pensato che tutto fosse scritto, ormai; il palo, quel gol fortuito degli ucraini, la palla che non vuole entrare alle spalle di Shovkoskiy. Ma l’Eupalla tanto cara a Brera aleggia ancora sullo stadio: prima toglie, poi ghignando restituisce.
Arriva il secondo minuto di recupero e un cross dalla destra resta a galleggiare sotto gli occhi di Babacar, a tre metri o meno dalla porta. Di spalle, il senegalese arpiona la sfera elongando al limite i muscoli della gamba. Nessuno si aspettava forse un gesto tecnico e atletico simile, quasi i gigliati nemmeno esultano per lo stupore, quando vedono il pallone varcare la linea. La rete del sospirato 1-1 è realtà e, adesso, il discorso qualificazione pende dannatamente verso Montella & C.: chissà cosa avranno in serbo gli Dei per la gara di ritorno del Franchi.
ALTRI RISULTATI QUARTI EUROPA LEAGUE:
Brugge – Dnipro 0-0
Siviglia – Zenit 2-1
29′ Ryazantsev (Z), 74′ Bacca (
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