Roma, caos e caso: Spalletti a rischio, ma sarebbe un’altra sconfitta

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Anche quest’anno, ironizza qualcuno, la Roma di Spalletti vince nella prossima stagione. Ci sta l’ironia, per carità, specie in un’annata che davvero poteva sembrare quella giusta; se non per strappare lo scudetto alla Juventus, almeno per tentare di arrivare in fondo all’Europa League. E alla Coppa Italia. Ora, con il primo obiettivo sfumato mestamente dopo l’inutile vittoria di ieri sera contro il Lione, e la complicata rimonta in Tim Cup all’orizzonte (si ripartirà dal 2-0 in favore della Lazio), il rischio è quello di arrivare in fondo a un baratro.

Ci si interroga innanzitutto su un punto: sarà ancora la Roma di Luciano Spalletti? Qualche giorno fa, punzecchiato dai media, il tecnico toscano è parso privo di dubbi: “Se non vinco nulla, vado via”. In pratica il suo mandato bis, dopo la ricostruzione post Garcia, aveva e ha una conditio sine qua non. E a Pallotta potrebbe non bastare un eventuale miracolo in Coppa Italia, tra semifinale di ritorno e ipotetica finale. Ad aggravare le sensazioni dello stesso Spalletti, il clima venuto a crearsi intorno alla squadra dopo le 3 sconfitte consecutive con Napoli, Lazio e Lione: secondo lui i giornalisti si sono sostanzialmente accaniti con i suoi, dimenticandosi dell’ottimo lavoro svolto per arrivare e restare in corsa su tutti i target stagionali.

Spalletti non è né un novellino né un’educanda, sa perfettamente come gira il mondo del calcio. Soprattutto in Italia. Ed è forse questo il vero nucleo della questione. Troppa pressione mediatica, poca pazienza da parte di quasi tutti i Club non appena il vento gira contrario, quasi nullo il concetto di memoria storica. Ogni tanto servirebbe dare un’occhiata anche al bicchiere mezzo pieno: Spalletti ha dato un’identità alla Roma, ha fatto scelte difficili (l’ostracismo quasi definitivo di Totti), ha commesso certamente degli errori nella gestione delle risorse (a noi viene in mente lo scarso utilizzo di El Shaarawy, per esempio), ma non ha quasi mai cercato alibi. La squadra è con lui e si vede. Lo si è visto anche nell’atteggiamento di ieri sera.

In sostanza, arrivare a maggio e salutare ancora una volta Spalletti, dopo nemmeno 2 anni dal suo ritorno, sarebbe un errore. Pallotta e la dirigenza giallorossa potrebbero obiettare che le spese per il mercato e la gestione del Club, a fronte di un mancato ritorno da mancati successi, giustificano un cambio di rotta. Al netto di una quasi certa qualificazione diretta in Champions per la prossima stagione (traduzione: tanti soldi), forse gioverebbe ragionare su quanto costa cambiare guida tecnica ogni 2 anni, sia in termini economici immediati che a lungo termine. Al di là delle buone uscite generose e ingenti che pesano sui bilanci societari, c’è che nuovi allenatori significano nuove strategie di mercato, nuovi approcci tattici che i giocatori impiegano mesi ad assimilare e mettere in pratica. I risultati non arrivano subito, non esiste la bacchetta magica. Per nessuno.

Questa realtà ormai la conosce anche Pallotta. E se la piazza preme, lui dovrebbe tenere duro. Poi c’è da considerare la volontà dello stesso Spalletti, forse stufo del clima di cui sopra che a Roma è una costante a ogni respiro. L’esempio che il tecnico toscano ha fatto ai microfoni di Sky è emblematico: “Vincemmo contro il Catania 7-1 (in realtà 7-0, n.d.r.) e venne fuori un casino perché, si disse, non avevamo rispettato l’avversario. L’Inter ha vinto con lo stesso risultato contro l’Atalanta e giù solo complimenti”. A voi ogni giudizio in merito.

 


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