Argentina, Messi come Zoff: “Non parleremo più con la stampa”
Di Emanuele Saccardo“No hablamos mas con la prensa”. La voce che pronuncia queste parole, decise e risolute, è quella di Leo Messi, simbolo della Nazionale argentina. Accanto e dietro di lui, tutti i compagni della doppia spedizione con Brasile e Colombia, turno numero 12 del girone sudamericano per il Mondiale russo del 2018. I volti sono scuri, per primo quello di Messi.
Messi: che non voleva più tornare a indossare la maglia dell’albiceleste, dopo la delusione-bis nella Coppa America del centenario, sempre contro il Cile e ai rigori; che dopo gli schiaffi rimediati poco giorni fa contro il Brasile, quel secco 3-0 che fa scappare i verdeoro in classifica e inguaia l’Argentina, forse si è chiesto se davvero sia valsa la pena tornare. Ma dopo l’ennesimo schiaffo, questa volta preso fuori dal campo e precisamente su Twitter da un giornalista, il fantasista del Barcellona non ci ha visto più.
D’accordo con tutta la rosa, ha deciso: “No hablamos mas con la prensa”, non parleremo più con la stampa. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato appunto il doppio tweet di tale Gabriel Anello, giornalista e conduttore del programma radio Super Mitre Deportivo. Nel primo, postato a ridosso del match poi vinto dall’Argentina contro la Colombia (3-0), Anello scrive: “Lavezzi non sarà nemmeno in panchina a causa della canna che si è fumato stanotte? E’ una domanda… solo una domanda”. Parole pesanti, concetto di piombo. Un tesserato, per di più di un certo rilievo, potrebbe davvero aver fatto uso di marijuana in ritiro? Secondo Anello, a quanto pare, sì, perché nel secondo tweet è certo che il Pocho ne abbia fumata una seconda, di canna.
L’ex attaccante di Napoli e Psg, naturalmente, non ci sta e già promette azioni legali. Quello che ha fatto Messi, di concerto con l’Argentina in toto, è stato qualcosa di più. Se vogliamo, una scossa. Un gesto molto più che simbolico, utile a fare capire ai media che il gruppo c’è ed è compatto. Messi ha precisato che lui e i compagni possono essere bastonati, criticati anche pesantemente per quello che fanno o non fanno in campo, se i risultati arrivano o non arrivano dal terreno di gioco. Ma quando si sconfina nel privato, con illazioni di un certo peso che possono oltretutto danneggiare l’immagine di un atleta agli occhi della propria famiglia, è il caso di mettere un freno.
Il freno, in questo caso, si chiama silenzio stampa. Una cerniera sulla bocca che, nello specifico, ricorda quella di Zoff al Mundial del 1982. All’epoca furono alcuni articoli sulla carta stampata a fare imbufalire il clan Azzurro, in particolar modo il vaso di Pandora venne scoperchiato quando un certo giornale ipotizzò una storia tra Cabrini e Rossi. Quel giorno a Braga, alla Casa del Baron, dove l’Italia di Bearzot era in ritiro, Dino Zoff disse più o meno le stesse cose uscite legittimamente dalla bocca di Messi.
Solidarietà a parte verso atleti troppo spesso messi in croce per questione extra calcio, chissà che per l’Argentina il precedente del primo e storico silenzio stampa del mondo pallonaro non sia di buon auspicio. Come lo fu per la nostra bandiera.
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