Il calcio italiano sta rifiorendo: ecco i segnali che lo dimostrano
Di Daniele Grattieridi Denis Michelotti
17 maggio 1989: il Napoli di Maradona pareggia 3-3 a Stoccarda la partita di ritorno della diciottesima edizione della Coppa UEFA e, grazie alla vittoria maturata al San Paolo, alza al cielo l’ambito trofeo. Una settimana dopo, a Barcellona, le doppiette di Gullit e Van Basten stendono lo Steaua Bucarest: il Milan trionfa in Coppa dei Campioni. Da quella stagione al 1999 le nostre squadre si aggiudicano ben otto coppe UEFA su undici e quattro coppe dalle grandi orecchie.
Poi, con l’arrivo del nuovo millennio, inizia un lento declino mascherato solo dai successi di Milan e Inter nel massimo torneo continentale. Stadi obsoleti, mancanza di progettazione, scandali, episodi di violenza e scarse risorse economiche hanno portato quello che veniva definito il campionato più bello del mondo a scendere addirittura al quarto posto del ranking UEFA nel 2011. La perdita di appeal della Serie A negli ultimi anni diventa evidente se si confronta la percentuale media dei posti occupati negli stadi con quella dei principali campionati continentali.
Qualche segnale di rinascita però s’incomincia a intravedere. Sul piano prettamente sportivo, la cavalcata europea della Juventus, che l’ha portata a giocarsi alla pari una finale di Champions contro gli alieni del Barcellona, e gli ottimi piazzamenti ottenuti da Fiorentina, Napoli e Torino in Europa League ottenuti durante la scorsa stagione, rappresentano un segnale incoraggiante. Inghilterra e Germania, nel ranking, ora non sono più così lontane.
Altro dato positivo è l’ingresso d’investitori stranieri nel campionato italiano. Oltre a portare denaro fresco (vedi i 450/500 milioni di euro versati dal tycoon thailandese Bee Taechaubol per rilevare il 48% del Milan), simili operazioni consentono infatti di aprirsi a nuovi mercati. Esempi come Pallotta alla Roma e Thohir all’Inter dimostrano inoltre come si stia dando ai club un’impronta maggiormente aziendalistica. Lo sviluppo voluto dai due presidenti delle aree marketing e comunicazione, spesso trascurate dalle passate gestioni, ha permesso alle loro società di avvicinarsi ai modelli di business delle principali squadre europee. Niente più dirigenti vecchio stile e spese illogiche quindi, ma progetti a lungo termine e sguardo rivolto al futuro.
La Juve pigliatutto degli ultimi anni, che ha costruito sulla programmazione i suoi successi e su uno stadio all’avanguardia la sua fortuna, ha fatto scuola. Possedere una propria “casa” è difatti diventato un fattore sempre più decisivo: l’Udinese comincerà da questa stagione a giocare nel Nuovo Stadio Friuli, mentre la Roma dovrebbe ultimare i lavori del nuovo impianto nel 2016. Anche altri club si stanno muovendo in tale direzione.
A quanto detto va poi aggiunto un entusiasmante calciomercato con investimenti complessivi che al momento risultano inferiori solo a quelli di Premier League e Liga spagnola. Fatta eccezione per Darmian al Manchester United, le compagini italiane stanno inoltre trattenendo i giovani promettenti, scongiurando altri “casi Verratti”. Si pensi alle cifre spese per Dybala dalla Juventus o a quelli sborsati dal Milan strappare Bertolacci alla Roma.
Certo, di strada per tornare ai fasti degli anni ’90 ce n’è da fare ancora molta, ma il calcio italiano sta gradualmente rifiorendo.
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