Da Conte a Inzaghi: analisi tattica della nuova Inter
Di Daniele GrattieriLa stagione 2021/2022 è appena iniziata, almeno dal punto di vista del campo. Perché in realtà si era già entrati nella nuova annata calcistica italiana a partire dagli albori dell’estate scorsa, ancor prima che si giocasse l’Europeo vinto dalla Nazionale di Roberto Mancini.
Il tutto con il lunghissimo valzer delle panchine, che ha stravolto l’immaginario iniziale della competizione attualmente in corso, rimettendo in discussione anche le previsioni dei più appassionati di calcio, di coloro che si basano anche sullo studio tecnico-tattico dei match, gli esperti della schedina sul campionato di Serie A e dei pronostici e delle statistiche sportive in genere.
Si è passati dall’arrivo di Mourinho alla Roma e di Sarri alla Lazio, all’addio di Pirlo alla Juventus con il ritorno di Allegri, passando per Spalletti al Napoli e il tira e molla di Gattuso con la Fiorentina, fino all’arrivo di Italiano sulla panchina viola. Ma il vero boom è stato quello della risoluzione anticipata del contratto di Antonio Conte dall’Inter. Il pugliese, infatti, nonostante la vittoria dello scudetto, ha deciso di salutare anzitempo la squadra meneghina, ora affidata all’ex laziale Simone Inzaghi.
Andiamo, dunque, a vedere quali siano le principali differenze tattiche tra i due allenatori, per capire come cambierà nel corso della stagione la squadra campione d’Italia in carica. La prima cosa da cui si parte solitamente in tal tipo di analisi è il modulo, ma sorprendentemente questo è l’unico a rimanere uguale: il 3-5-2.
Quello che cambia, in maniera piuttosto vistosa, è il modo di interpretare il sistema di gioco. Sia nei protagonisti che nelle direttive date dai due tecnici. Conte, che poteva contare anche su Romelu Lukaku, passato al Chelsea in agosto, impostava la fase offensiva sulla costruzione dal basso. Si partiva dai tre centrali e dai movimenti dei centrocampisti, specie gli inserimenti di Barella, per cercare di creare il varco giusto per il belga o Lautaro Martinez, che diventavano poi imprendibili in velocità in spazio aperto.
Con Inzaghi anche si prova a manovrare da dietro, ma l’ex Lazio ha chiesto alla società l’acquisto di un giocatore alla Milinkovic-Savic, Calhanoglu, in modo da poter perfezionare l’arrivo del pallone dalla difesa ai due attaccanti in modo più fluido, senza forzare il lancio in profondità.
In fase difensiva, invece, cambia il modo di approcciare al pressing. Con Conte l’Inter si era trasformata in una squadra spesso attendista, con il recupero palla che avveniva nella propria trequarti a causa della strettezza dei reparti e della densità negli ultimi 45 metri apportata grazie a difensori e centrocampisti. Ma guai a parlare di catenaccio.
Inzaghi, invece, gradisce una formazione che sia molto più aggressiva e dinamica, riuscendo spesso a intasare le linee di passaggio avversarie e recuperare il possesso già sulla linea di centrocampo, grazie ai movimenti continui dei propri calciatori.
Infine, un’ultima grande differenza tra Conte e Inzaghi riguarda l’iniziativa lasciata ai propri giocatori in mezzo al campo. Questo perché il tecnico salentino è un perfezionista capillare in ogni cosa che chiede ai suoi uomini. Tutte le giocate realizzate sono frutto di uno studio fatto, provato e riprovato in allenamento. Nulla è lasciato al caso e la libertà nelle scelte del singolo vengono messe da parte nella maggior parte dei casi, altrimenti il meccanismo messo a punto potrebbe non funzionare come dovrebbe.
Inzaghi, invece, lascia maggiormente spazio all’iniziativa individuale. Certo, anche l’ex Lazio ha delle idee di gioco preponderanti che impartisce in modo tassativo alla squadra, ma senza mai tarpare eccessivamente le ali ai propri giocatori, che, non a caso, si lasciano andare di più al dribbling o all’invenzione rispetto a quanto non accadesse con Conte. Vedremo se questo avrà l’effetto desiderato.
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