Napoli e le sue grane: da Hamsik a Reina, passando per la panchina corta
Di Emanuele SaccardoPartiamo subito con un dato statistico: delle ultime sette partite disputate in Champions League, il Napoli ne ha vinta soltanto una. Per il resto sono arrivati appena un paio di pareggi e, con quella di ieri sera contro lo Shakhtar all’esordio nel Gruppo F, quattro sconfitte. Cosa emerge da questi meri numeri? Intanto che chi credeva in una qualificazione scontata agli ottavi dei campani, aveva le idee parzialmente confuse. Poi salta all’occhio che il problema dei partenopei arriva da lontano. E le parole di Sarri a fine gara (“Appagati dal preliminare con il Nizza”) suonano come un cerotto messo sopra una potenziale emorragia. Intendiamoci: non basta una serata storta a vanificare l’ottimo lavoro che il Napoli ha fatto in questi ultimi anni, incluso il salto di qualità nel gioco che proprio il tecnico toscano ha portato sotto il Vesuvio. Però, se tre indizi costituiscono una prova, sette sono qualcosa in più. Se aggiungiamo anche le non brillanti prestazioni – al di là del risultato positivo – contro Atalanta e Bologna, gli indizi diventano nove.
IL MOMENTO DI HAMSIK – La contingenza attuale in casa del Napoli propone qualcosa che assomiglia molto a un caso e riguarda il capitano Marek Hamsik. Non è ancora un caso vero e proprio, ci mancherebbe, perché un periodo di appannamento, specie a inizio stagione quando si deve ancora terminare di fatto il ‘rodaggio’, ci può stare. Tuttavia le 6 sostituzioni consecutive dello slovacco in altrettante partite ufficiali sono un chiaro segnale di qualcosa che va sistemato al più presto. Hamsik ha sempre lasciato il campo con largo anticipo, sostanzialmente non ha mai giocato più di 66 minuti in questa stagione.
Sarri continua a dargli fiducia, ma fino a quando potrà durare? Il capitano azzurro non è un ragazzino alle prime armi, quindi sa che il tempo stringe: pena, la panchina dal primo minuto. Ad aggravare il momento del centrocampista slovacco c’è il fatto che senza di lui sul terreno di gioco, il Napoli ha trovato la via della rete in 6 circostanze. Non arriviamo a sostenere che la sua presenza sia diventata un limite per la squadra – sarebbe ingeneroso -, tuttavia il rischio si alza partita dopo partita. Al netto della forma di Marek, chi ha il Napoli in panchina?
LA PANCHINA CORTA E LE SCELTE DI SARRI – Qui, forse, casca l’asinello azzurro. Qui, forse, possiamo rintracciare il peccato originale di De Laurentiis che ha come cartina tornasole la sola vittoria nelle ultime sette gare di Champions. Se è vero che gli sforzi del patron e del suo staff, in estate, sono stati orientati a non perdere i pezzi pregiati (leggi: Mertens), è altrettanto vero che in entrata non è arrivato quello che ci si aspettava. Maksimovic, Màrio Rui (prestito), Rog e Ounas non possono bastare per il salto di qualità chiesto dai tifosi, né forse per affrontare Serie A e Champions con la volontà di arrivare il più in alto possibile in entrambe le competizioni. E in mezzo c’è anche la Coppa Italia.
In questa ottica non possono stupire le scelte di Sarri, come quella di tenere in panchina Mertens per un’ora contro i padroni di casa ucraini. L’ingresso del belga e la contestuale uscita di Hamsik hanno cambiato volto al Napoli, ma la dipendenza da Mertens rischia adesso di diventare un boomerang. Insomma, Sarri fa con ciò che ha e legittimamente sa di non poter spremere le risorse fino all’ultima goccia. Gennaio è lontano e, a ogni modo, la campagna invernale storicamente non riserva grandi colpi utili al salto di qualità di cui sopra.
LA QUESTIONE PORTIERE – Capitolo a parte è Pepe Reina. Il portiere spagnolo, ieri sera, ha di fatto spalancato le porte al 2-0 dello Shakhtar con un’uscita alta mal calcolata. Errore che ci può stare e al quale, però, l’estremo difensore iberico non è nuovo. Ora: addossare ogni colpa sulle spalle di Reina sarebbe fuori luogo, oltre che irriguardoso nei confronti di un uomo che ha momentaneamente rinunciato a 3 anni di contratto e ai tanti soldi del Psg per non lasciare ‘in braghe di tela’ il Napoli. Magari, però, il numero uno azzurro non è sereno; forse Reina avrebbe bisogno di un sostituto all’altezza per potersi schiarire le idee, cosa che Rafael e Sepe al momento non sono.
Vale il discorso della panchina corta: gennaio è lontano, e le basi gettate per portare a Napoli Rulli daranno frutti soltanto nell’estate del 2018. Forse. A conti fatti, dunque, il Napoli deve riflettere e tenere duro, ricominciando a giocare come se nulla fosse accaduto. Anche perché il 26 settembre arriverà il Feyenoord al San Paolo e, visto il ritmo con il quale è partito il City di Guardiola (ovvio favorito per il primo posto nel girone), non si possono gettare via altri punti preziosi.
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