Ancelotti-Luis Enrique: il Re di Coppe e l’aspirante sovrano
Di Emanuele SaccardoMentre Carlo Ancelotti masticava amaro per il bronzo al Mondiale di Italia ’90, Luis Enrique faceva i primi, timidi passi nel calcio dei grandi con la maglia dello Sporting Gijòn. Questione di carte d’identità: Carlo aveva già in bacheca un paio di Coppe Campioni, Luis le sognava a occhi aperti.
Quattro anni più tardi, a Usa ’94, Enrique prendeva la più brutta gomitata della sua carriera da Mauro Tassotti, ex compagno di Ancelotti, che nel frattempo quel quarto di finale tra Italia e Spagna lo stava vivendo da bordo campo come secondo del c.t. Azzurro, Arrigo Sacchi. Sempre questione di carte d’identità. L’ex milanista faceva i primi, timidi passi nel mondo degli allenatori, lo spagnolo continuava a masticare amaro per le Coppe Campioni che volevano restare (e sono rimaste) sogni a occhi aperti, almeno da calciatore: andò via dal Real Madrid due stagioni prima che i Blancos tornassero Campioni d’Europa, arrivò al Barcellona cinque anni più tardi del primo storico successo di Wembley.
Quando le carte d’identità hanno cominciato a essere più irrilevanti, Ancelotti ed Enrique si sono trovati di fronte sulle panchine di Real e Barça. Più volte. Spesso l’ha spuntata Carletto, ma Luis qualche sgambetto l’ha fatto. Qualche incrocio, i due, lo hanno dunque avuto (incluso un passato in comune alla Roma, l’uno da giocatore, l’altro da mister). Le carte d’identità contano sempre meno, anche se nella carriera da allenatori la bilancia pende, proprio per ragioni anagrafiche, dalla parte di Ancelotti.
Specialmente quando si parla di Coppa Campioni; pardon, di Champions League. Perché se la Liga a Don Carlo è sfuggita e ad Enrique no (ne ha già un paio in tasca), le grandi orecchie europee di Ancelotti sono cinque (due da giocatore, tre da allenatore), mentre il tecnico del Barcellona ne ha conquistata soltanto una e mai da giocatore. Il tempo non manca, d’altra parte la carta d’identità conterà sempre meno.
Questo pare l’anno buono per un nuovo, vibrante incrocio. Futuro, naturalmente: parliamo di questioni che potrebbero materializzarsi dagli ottavi in avanti. Sul fatto che Bayern Monaco e Barcellona ci arrivino, agli ottavi, potremmo anche scommettere questa mattina, all’indomani della pioggia di gol con cui hanno rispettivamente seppellito Rostov (5-0) e Celtic (7-0). Certo il primo test di Champions non è stato del tutto probante, vista la consistenza degli avversari, e va tenuta in considerazione la concorrenza nel Girone D (quello dei bavaresi) dell’Atletico Madrid e nel Gruppo C (sponda blaugrana) del Manchester City.
Eppure, la sensazione è che le macchine guidate da Ancelotti e Luis Enrique siano, oltre che delle comprovate fuoriserie, pronte per dare l’assalto al titolo. Per carità, lo sappiamo che è presto, ma l’arrivo di Ancelotti al Bayern ha portato quella necessaria ventata di cambiamento che serviva dopo Guardiola, e a Barcellona hanno fatto tesoro della passata annata. E, per dire, Enrique ha a disposizione il tridente letale Neymar-Suarez-Messi: due terzi di biondo, il cento per cento di efficacia.
Neymar, giova ricordarlo, ieri sera ha scritto un pezzetto di storia: è stato il primo calciatore ad andare a referto con una rete e quattro assist in una gara di Champions League. Vero, pochi giorni fa contro l’Alaves è stato uno dei peggiori in campo, ma chi se lo ricorda più dopo la prestazione monstre di ieri? Non gli sceicchi del Psg, pronti a mettere sul piatto 40 milioni di euro a stagione per cinque anni, pur di assicurarsi il talento brasiliano (fonte: Marca).
Insomma, a conti fatti, il Real Madrid detentore del trofeo è avvisato: due ex di lusso come Ancelotti e Luis Enrique sono carichi il necessario. Il primo arriva da un anno sabbatico e sta prendendo confidenza con un ambiente che gli ricorda molto quello del Milan che fu, il secondo ha voglia di prendersi una bella rivincita oltre i confini iberici. Magari provando a ripetere il triplete dell’esordio sulla panchina del Barça. Ah, giusto: Ancelotti non lo ha mai realizzato, il triplete. E non è una questione di carta d’identità. Ma siamo ai dettagli.
Commenta o partecipa alla discussione
Bel pezzo, specie la prima parte con tanti rimandi al passato. io amo sia Ancelotti che Enrique per il loro calcio, completamente diverso l’uno dall’altro. Però Ancelotti ha vinto di più e vincerà sempre di più secondo me.