Sousa e la Fiorentina a tre “t”: tecnologia, tifosi e temperanza
Di Emanuele SaccardoA prescindere dal futuro di Mario Gomez, dall’intrigo internazionale che riguarda Salah, la Fiorentina ha già il suo asso in rosa; ma non guida la squadra dal centro del campo, come faceva un tempo. L’asso nella manica della Fiorentina, spuntato dalla campagna acquisti estiva, si chiama Paulo Sousa e, ora, di professione fa l’allenatore. Il quasi quarantacinquenne di Viseu non ha mai abbandonato il senso geometrico che sul terreno di gioco gli permetteva, anche grazie a un’ottima tecnica, di fare la differenza nel centro nevralgico delle operazioni. Oggi il suo senso lineare, schematico si sublima e viene trasmesso ai giocatori della Viola, a caccia di un pronto riscatto dopo le bufere dell’ultimo scorcio della stagione passata.
Il ritiro di Moena ha già emesso il primo verdetto: Montella è solo un ricordo sbiadito. Dimenticate i musi lunghi, le distanze siderali tra staff tecnico e tifosi. In questo Paulo Sousa ha già cambiato rotta: partite a calcio balilla con i supporters, autografi firmati e foto in compagnia dei bambini. Il tecnico portoghese sa perfettamente che le pubbliche relazioni con la spigolosa tifoseria della Fiorentina sono il primo fondamentale mattone per costruire il nuovo ciclo. Una società che deve colmare il gap economico con le grandi della Serie A, non può prescindere dal supporto di uno stadio caldo e importante come l’Artemio Franchi.
L’ex allenatore del Basilea è un ciclone della parola. Tante chiacchiere con addetti ai lavori e tifosi, altrettante con il suo gruppo di lavoro, dai magazzinieri alla squadra, dai senatori ai giovani ragazzini. E una serie di ossessioni (da buon ragioniere del centrocampo): maniacale consultazione del meteo perché Sousa non ama gli allenamenti sotto la pioggia, telecamere termiche per monitorare costantemente i calciatori durante le sedute; poi pc, tablet e quanto di meglio la tecnologia può offrirgli per aumentare il volume del suo database di lavoro. Come Sarri, neo tecnico del Napoli, che usa un drone allo scopo di osservare anche dall’alto i movimenti in campo dei suoi e correggere ogni più piccola imperfezione. Siamo nell’era del calcio 3.0, bellezza: Sousa e Sarri conoscono la strada giusta.
Il rigore non si limita a questo aspetto del lavoro. Come si diceva un tempo, un Generale deve dare l’esempio se vuole che le truppe lo seguano in battaglia. Quindi se imponi nuove regole fuori dal campo (non più tavolate ma piccoli capannelli da 5 giocatori a pranzo e cena, niente alcolici ma soltanto acqua naturale), devi rispettarle insieme con loro. Paulo Sousa corre nei boschi un’ora al giorno, si attiene alla stessa dieta ferrea dei suoi atleti e, ribadiamo, non smette un attimo di confrontarsi con ognuno di loro (e le cinque lingue parlate dall’ex centrocampista di Juve, Inter e Parma aiutano parecchio).
Per ora il paragone con Mourinho non regge, tuttavia il tempo è galantuomo: con queste premesse, Suosa potrebbe anche assemblare un miracolo simile a quello che lo Special One modellò nell’anno di grazia 2004 con il Porto. Il percorso è lungo e costellato di ostacoli, a Firenze però non si è mai smesso di sognare.
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