Milan, un’altra tegola: poche idee, poco carattere e troppe sconfitte
Di Emanuele SaccardoTutti quelli convinti che sarebbe bastata la caparra cinese per risolvere i problemi contingenti del Milan, facciano un passo indietro. Non si poteva e non si può essere tanto ingenui. I soldi non sono una bacchetta magica, specie a mercato già chiuso, specie all’inizio di una rifondazione. E, qui, non siamo nemmeno all’inizio: siamo ancora prima.
Il Milan stecca per la seconda volta consecutiva in campionato: dopo il poker al passivo di Napoli prima della sosta, è arrivato il gol di Perica a due minuti dal novantesimo, una rete che ha consegnato all’Udinese i tre punti e che ha certificato l’emorragia di idee in dote ai rossoneri. Male, troppo male. Non tanto per la sconfitta in sé, o almeno non solo; male perché i vuoti di mentalità, talento e carattere sono davvero un’infinità.
Montella, allenatore e uomo dotato di acuta intelligenza e squisita lungimiranza, ha preso in mano il timone di un Milan che non conosceva ma che, al contempo, aveva capito fin troppo bene. Sapeva, il buon Montella, che il lavoro da fare sarebbe stato tanto; sapeva che, presto o tardi, sarebbe cambiato qualcosa in società; e, infine, sapeva che questo avrebbe condotto il Diavolo verso un percorso nuovo e diverso, ma che il tempo per cogliere i frutti non si sarebbe visto se non con il binocolo.
Siamo alla semina, Montella lo sa bene, come sa che il binocolo adesso va stretto tra le mani. Nel mezzo però c’è da soffrire, masticare amaro; c’è poco spazio per le soddisfazioni, è un pertugio stretto dal quale non ce l’hanno fatta a venire fuori Seedorf, Inzaghi e Mihajlovic. Il Milan di Montella ha qualche possibilità in più di vedere la luce, per tutte le ragioni legate alla proprietà e per il tipo di calcio che l’ex tecnico della Fiorentina ha in testa. Qualcosa si era visto contro il Torino all’esordio, qualcosina si è intravisto al San Paolo, nulla si è potuto intuire ieri contro i friulani. Una serie di passi indietro che ribadiscono un concetto: il problema del Milan è soprattutto la rosa.
Poche storie, ha ragione Leonardo: l’ex allenatore e osservatore rossonero (e nerazzurro), a Sky Calcio Club non le ha mandate a dire, sottolineando come al Milan arrivino soltanto gli scarti degli altri. Come dargli torto? Al di là del colpo di coda berlusconiano dell’estate 2015, nella quale parte dei 90 milioni spesi sul mercato portarono a Milanello Bacca e Romagnoli, quindi un signor attaccante e un centrale di prospettiva, per il resto c’è ben poco. Un Club fuori dalle coppe ha poco appeal di suo, se a questo si aggiungono i black out dirigenziali dell’ultimo quadriennio e il lento passaggio di mano della proprietà, è chiaro che per un top player qualsiasi il Milan non è un approdo da sogno.
Si deve fare con quel che si ha, per un’altra stagione almeno. Montella lo sapeva e continua a saperlo: di necessità, virtù. Il lavoro più delicato è proprio quello che riguarda le virtù: il carattere, per esempio. Anche contro l’Udinese è emerso quanto la squadra accetti passivamente quel che accade sul campo, da fuori non si coglie mai il guizzo per tentare di rovesciare l’inerzia del match. Due tiri nello specchio della porta ne sono uno dei tanti esempi (soltanto a Verona contro il Chievo, nello scorso campionato, il Milan fece peggio con una sola conclusione nei novanta minuti).
Il Milan difetta anche in fatto di concentrazione, specialmente difensiva: gli errori di Romagnoli nel primo tempo di ieri sono chiaramente figli delle oscillazioni fisiologiche di un calciatore giovane, ma Paletta non può essere considerato l’uomo d’esperienza giusto per fare da chioccia alle amnesie dell’ex Roma. E non può nemmeno passare inosservato neanche il nodo centrocampo: un tasso tecnico sicuramente migliorato dalla promozione di Suso e confermato dall’intelligenza di Bonaventura, ma quando Montella chiedeva un vice Montolivo (e Sosa non lo è), beh, una ragione c’era e c’è. Senza Kucka, motore indiscusso della mediana milanista, emergono crepe continue. Se teniamo conto, poi, che il metronomo del gioco dovrebbe essere proprio Montolivo…
Il tutto, naturalmente, si traduce in una fragilità strutturale che sfocia in una fase difensiva traballante e in una carestia di palloni giocabili per Bacca che, lo sappiamo, non ha tra le due doti fondamentali quella di costruire insieme alla squadra. Il colombiano è letale negli ultimi venti metri. Se riceve la palla, chiaramente. Insomma, dal 2013 la situazione del Milan è andata sempre peggiorando. Montella tenta ciò che può, ma per i miracoli bisognerebbe rivolgersi altrove. O almeno aspettare che i cinesi si insedino ufficialmente.
Commenta o partecipa alla discussione