Milan: c’è da lavorare, ma occhio ai processi sommari e affrettati

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Presto o tardi la scoppola doveva arrivare. Doveva accadere ed è accaduto che il Milan, dopo 6 vittorie su altrettante uscite ufficiali da inizio stagione, venisse preso a schiaffi da una squadra più solida e rodata. Era necessario che da Montella in giù ci si accorgesse di alcuni aspetti, di quali siano le correzioni da apportare nel lungo percorso di crescita di una squadra pressoché totalmente nuova. Ripetiamo: pressoché totalmente nuova. Chi lo ha già dimenticato, sommergendo di critiche fin troppo pesanti il Milan, di calcio non ha capito sin qui nulla.

Insomma, i rossoneri dovevano comprendere a che punto sono rispetto alle concorrenti. Il doppio turno preliminare di Europa League, Crotone e Cagliari sono stati banchi di prova parziali; più che altro sono stati un guardarsi allo specchio per cominciare a prendere le misure con un telaio diverso dal recente passato. Oddio, contro i sardi, prima della sosta, qualche campanello d’allarme era suonato eccome. Difficile immaginare che Montella e i suoi non se ne siano accorti e non abbiano fatto nulla per disinnescarli, specie con una intera settimana a disposizione per poter lavorare.

Ma il punto è che trovare la Lazio di fronte, doversi misurare con una delle squadre che meglio hanno fatto nell’ultimo anno e mezzo, dover tenere a bada un Ciro Immobile tirato a lucido, beh, non è facile per nessuno. Figurarsi per un Milan che ancora non aveva dovuto incrociare i guantoni con una diretta concorrente per i piani nobili della Serie A. Quindi, tornando al punto di partenza, la scoppola poteva arrivare ed è in parte salutare che sia arrivata. Soprattutto che sia giunta adesso, non così presto da incrinare la consapevolezza di un gruppo che qualcosa di buono tra luglio e agosto ha fatto vedere, non così tardi da vanificare un lungo percorso di lavoro.

Al netto del 4-1 di ieri pomeriggio, della tripletta di Immobile e dell’organizzazione della squadra di Simone Inzaghi, il Milan ha davvero ancora tanto da lavorare e nessuno lo nega, in primis il tecnico del Diavolo. Al di là del primo quarto d’ora dell’Olimpico, nel quale i rossoneri hanno fatto intravedere recuperi palla in mezzo al campo e veloci verticalizzazioni, c’è poco da salvare. Nessun reparto è esente da legittime critiche: la difesa a 4 forse va rivista, magari per fare spazio a quella a 3 (anche per poter affiancare a Bonucci sia Musacchio che Romagnoli), a centrocampo Biglia e Montolivo sono logicamente ancora poco affiatati, davanti c’è da non bruciare né Silva né Cutrone, e Kalinic deve lavorare in fretta per assimilare le idee tattiche di Montella.

Oltre a questo, il Milan ha bisogno di trovare in fretta il piglio dei suoi leader, a partire da Bonucci, che non sta vivendo il più brillante dei periodi (legittimo, per una serie di ragioni che includono anche l’ambientamento). In generale sono da costruire o cementare la convinzione nei propri mezzi, la cattiveria agonistica ed è indispensabile che i toni intorno al pur pesante 4-1 di ieri non si inaspriscano oltre una legittima misura. Al di là degli sfottò via web, che ci stanno e qualche volta sono anche simpatici, bisognerebbe forse arginare pensieri come quello di Mino Raiola, entrato a gamba tesa per l’ennesima volta nei confronti di Fassone e Mirabelli, sostenendo di non essere convinto del progetto rossonero. Opinioni, per carità. C’è libertà di espressione. Ma anche l’obbligo del buon senso.


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