Islanda, approdo Mondiale: dopo Euro 2016 un’altra impresa
Di Emanuele SaccardoStamattina, quando l’Islanda si è svegliata, si è scoperta più grande di quanto non sia. Non in senso geografico o geopolitico, ma in quello geocalcistico. L’Islanda ha ripetuto il miracolo di due estati fa, quando centrò per la prima volta nella sua giovane storia la qualificazione agli Europei e si tolse la soddisfazione di arrivare fino ai quarti, dopo aver battuto in rimonta l’Inghilterra agli ottavi. Nel 2016 l’Europa scoprì di dover fare i conti con il Geyser sound, nel 2018 in Russia il pianeta saprà finalmente che cos’è il Viking Thunder Clap.
L’Islanda ha dunque concesso il bis, e che bis. Primo approdo ai Mondiali del pallone e senza passare dalle forche caudine degli spareggi (come toccherà a noi, ma questa è un’altra faccenda). Anzi: la nazione che conta meno abitanti di Firenze si è tolta lo sfizio di mettere in fila alle sue spalle tutte le altre contendenti del Gruppo I. Non gli ultimi arrivati, tra l’altro: la Croazia dovrà affrontare i playoff, Ucraina e Turchia invece guarderanno il Mondiale dal proprio salotto.
Per l’Islanda è stato decisivo l’ultimo atto contro il Kosovo, battuto 2-0. Primo posto certificato e un piccolo record da raccontare alle future generazioni: mai uno Stato sovrano con meno di un milione di abitanti aveva centrato la qualificazione alla rassegna planetaria del pallone. Tenuto conto che tra Reykjavik e dintorni le anime dell’isola sono circa 335 mila, si possono ben comprendere l’entusiasmo e la soddisfazione intorno alla Nazionale.
Da un paio d’anni, dunque, parlando di Islanda non viene in mente soltanto la cantautrice Björk. La Nazionale ha scalato più di un centinaio di posizioni in meno di un lustro, grazie ai sorprendenti risultati ottenuti: nel 2012, infatti, la selezione occupava il 131° posto nel ranking FIFA, oggi è al 22° davanti all’Olanda e cinque gradini sotto l’Italia. Abbiamo impropriamente parlato di miracolo, prima: la verità è che ciò che l’Islanda ha ottenuto lo ha fatto attraverso una intelligente programmazione ventennale: formazione di accademie giovanili e allenatori, investimenti in strutture (spesso, naturalmente, coperte), con la conseguente esportazione dei talenti verso campionati competitivi. Per esempio, dei 23 convocati dal c.t. Heimir Hallgrimsson, la maggior parte disputa i tornei principali del Vecchio Continente.
Proprio il commissario tecnico sopra citato, per sintetizzare la filosofia del suo gruppo e – forse – di un’intera popolazione, ha dichiarato che lungo il cammino verso il Mondiale la cosa più difficile è stata convincere la squadra a restare concentrata dopo i grandi risultati ottenuti a Francia 2016: “La prima birra bevuta dopo una festa non è mai la migliore”. Forza Islanda, insomma.
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