Simeone e Guardiola, la forza del carattere in semifinale
Di Emanuele SaccardoAtletico Madrid – Barcellona 1-0 (and. 1-1, tot. 2-1)
5′ Koke
Bayern Monaco – Manchester United 3-1 (and. 1-1, tot. 4-2)
57′ Evra (M), 59′ Mandzukic (B), 68′ Muller (B), 76′ Robben (M)
Il quadro delle quattro regine d’Europa è ora al completo, terminata la serata conclusiva dei quarti di finale della Champions League 2013/2014. Ora, in attesa che l’urna di Nyon ci racconti venerdì quali saranno gli accoppiamenti, possiamo divertirci con i corsi e i ricorsi storici, le statistiche, la cabala, i vecchi e i nuovi incontri tra giocatori e tecnici.
Qualunque cosa ci esca dalla bocca passando per le autostrade della mente, porta innanzitutto il nome di Diego Pablo Simeone. Sì, l’uomo che ha saputo riportare l’Atletico Madrid ad una semifinale di Coppa Campioni dopo la bellezza di quarant’anni; l’uomo che all’Inter vorrebbero di nuovo e di corsa, non per battagliare sul campo – anche se sorge il sospetto che lo possa fare ancora meglio di tanti ventenni alla corte di Mazzarri – ma per guidare dalla panchina con il suo autorevole piglio; lui, il tecnico che più di tutti assomiglia a Josè Mourinho, guarda caso l’uomo che seppe riportare i nerazzurri in cima al Vecchio Continente a distanza di quasi mezzo secolo dall’ultima volta.
Il secondo nome a farsi strada tra neuroni, assoni e dendriti è quello di un altro predestinato: Pep Guardiola. Cambia ma non cambia, nuova avventura in salsa bavarese e stessi risultati dell’ultimo lustro; cinque volte il tecnico catalano ha disputato la Champions, cinque volte ha portato la sua squadra in semifinale (la terza consecutiva per i tedeschi, tra l’altro, con due finali giocate), di cui quattro con il Barcellona. Quel Barcellona che, senza di lui, non ha più trovato la formula magica per tornare in cima: Martino delude, gli uomini a sua disposizione iniziano a sentire il peso della carta d’identità ma, d’altra parte, i cicli sono fatti per aprirsi, raggiungere l’apice e poi chiudersi.
Proprio questo accomuna l’altra faccia della medaglia dei vincitori, ovvero le illustri e nobili decadute. Il Manchester United, da poco orfano di Sir Alex Ferguson, dopo ben 18 anni rischia di non disputare il torneo più presitigioso; l’eliminazione per mano bavarese coincide con un ritardo in Premier che, a meno di miracoli, resterà tale. Moyes, indicato dall’ex tecnico scozzese come suo erede ideale, ha bisogno di tempo e, ieri sera, ha sfiorato l’impresa spaventando i campioni d’Europa in carica per due minuti, salvo poi sciogliersi come neve al sole sotto i colpi di classe e orgoglio di Mandzukic, Muller e Robben. Il Barça può poco di fronte alla fame e all’organizzazione dell’Atletico, capace di trovare la rete della Storia dopo appena cinque minuti, seguiti da un arrembaggio alla ricerca del ko che ha prodotto tre legni colpiti. Messi e soci sono apparsi disorientati, piccoli, undici Davide contro un immenso, compatto Golia.
Il ciclo del Bayern continua, quello dell’Atletico è forse appena passato dall’alta velocità all’iperspazio: Real Madrid e Chelsea sono avvisate, in attesa di scoprire le suggestioni del mezzogiorno di fuoco di Nyon. Venerdì 11 aprile ci sarà da divertirsi.
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