L’Inter è vittima di Antonio Conte. E viceversa.
Di Mauro D'AmicoLa vittoria dello scudetto da parte dell’Inter, negli ultimi due mesi, non è mai stata messa in discussione. Con 13 punti di distacco, a quattro giornate dal termine della stagione, sulla seconda in classifica, la miglior difesa e il secondo miglior attacco, i nerazzurri hanno meritato a mani basse la vittoria del campionato. E allora da dove nascono i problemi legati alla figura di Antonio Conte?
L’ex mister di Juventus e Chelsea è da sempre stato una figura ingombrante all’interno delle società, e i rocamboleschi addii con Agnelli e Abramovic ne sono una testimonianza; ma non è solo di questo che vogliamo parlare. Nonostante gli eccellenti numeri sopracitati, Conte, sul piano tattico, sembra aver iniziato un processo di decrescita, quasi un’ involuzione che farà male alla sua carriera e al futuro dell’Inter.
Dopo la vittoria nel derby, avvenuta domenica 21 febbraio, con conseguente +4 nei confronti del Milan, l’Inter ha iniziato ad “accontentarsi”, portando sempre a casa il risultato con il minimo sforzo grazie ad un ottima difesa e a una rosa più forte delle concorrenti (frutto di acquisti eccellenti ma che hanno gravato parecchio ai conti delle casse del presidente Zhang). La squadra di Conte, nelle ultime 10 partite, è andata a segno 14 volte, meno di Atalanta, Milan, Juventus, Napoli, Lazio e Sassuolo, giocando spesso un calcio rinunciatario, cercando di colpire, quasi sempre, l’avversario in contropiede; un vero peccato vista la qualità della rosa nerazzurra che troppo spesso si è aggrappata alle sole giocate di Romelu Lukaku.
Quella di Conte, però, è stata una mossa parecchio furba. Dopo l’eliminazione shock avvenuta ai gironi di Champions, e l’uscita dalla Coppa Italia per mano della Juventus, infatti, l’ex commissario tecnico, si è reso conto che l’unico modo per salvare la stagione (e la faccia) era riportare il tricolore nella bacheca dell’Inter dopo 11 anni, e nel momento in cui si è reso conto che nessuna delle dirette rivali riusciva ad avere una certa continuità di rendimento, ha ritenuto più che sufficiente lucrare sul risultato, lasciando però troppo spesso il pallino del gioco agli avversari. Conte si è, inoltre, dimostrato incapace di cambiare modulo e piano tattico, utilizzando sempre un 3-5-2 spesso fuori luogo, soprattutto contro squadre di livello nettamente inferiore.
Inoltre, non sono mancate, come al solito, le lamentele nei confronti della società che nonostante lo renda nettamente l’allenatore più pagato in Italia (12 milioni di euro annui) e lo abbia sempre accontentato sul mercato (vedi Barella, Hakimi, Lukaku, Vidal, Kolarov), viene rimproverata dallo stesso Conte di sostenere poco la squadra e di non investire abbastanza per creare un progetto vincente.
Nessuno mai toglierà i meriti all’Inter e a Conte di aver interrotto l’egemonia juventina in Italia durata 10 anni, ma il calcio proposto dall’allenatore leccese in questa stagione difficilmente permetterà di aprire un ciclo e soprattutto non potrà mai essere ripagato in Europa. Rivedremo il gioco aggressivo che lo aveva contraddistinto nelle sue precedenti panchine e nella prima parte dell’avventura interista, o continuerà con questa filosofia? Quest’ultima non porterà mai ad una crescita mentale e culturale, dunque per l’Inter e per Conte stesso, noi ci auguriamo la prima opzione.
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