Barça-Bayern 3-0: blaugrana (am)Messi in paradiso
Di Emanuele SaccardoBarcellona – Bayern Monaco 3-0
77′ e 80′ Messi, 94′ Neymar
Ora ne siamo certi: Guardiola avrà capito fino in fondo che cosa significa non avere Messi in squadra. L’ex tecnico del Barça, campione di tutto con i blaugrana e con la pulce argentina in rosa, ha visto soccombere il suo Bayern Monaco sotto i colpi di quel gruppo dato da troppi e troppo presto per finito. Luis Enrique ha il merito di aver saputo recuperare il rapporto con i senatori della squadra, tra i quali proprio Messi, ad inizio stagione non sempre in sintonia con il nuovo allenatore. Grazie agli innesti di Rakitic e Suarez, per fare due nomi, all’altrettanto oculata gestione di un mostro sacro come Xavi, al consueto genio di Iniesta e alla classe concreta di Dani Alves, Enrique ha riplasmato un Barça convincente. Forse anche vincente, perché la strada verso Berlino sembra ora sgombra come non mai.
Guardiola aveva e ha due alibi di ferro: le assenze più che pesanti di Robben e Ribery contano e parecchio. Tuttavia, il Bayern Monaco sembra essere davvero poco attrezzato per poter reggere l’urto della cavalleria catalana, specialmente il reparto arretrato dei tedeschi che è rimasto in piedi finché Neuer è riuscito a respingere quel che poteva. Nel primo tempo, dopo una decina di minuti di fuochi d’artificio con entrambe le squadre un po’ lunghe e occasioni da rete a pioggia (due per i padroni di casa, una clamorosa per i bavaresi con Lewandowski), il gioco inizia a languire in mezzo al campo. Sia il Barça che il Bayern si stringono e si accorciano sapientemente, rendendo la gara gagliarda sul piano atletico-tattico ma povera per ciò che riguarda lo spettacolo. Il solo lampo di Alves, innescato dal geometra Iniesta, mette paura a Neuer che si oppone di piede.
La ripresa comincia come’era finita la prima frazione, con tanta attenzione e pochi brividi. Lo scacchista Guardiola annusa la possibilità di potere ferire gli ex amati blaugrana con qualche ripartenza letale, ma Ter Stegen non corre mai grandi pericoli (vedi le assenze di Ribery e Robben di cui sopra). Chi invece affonda il coltello quando ne ha l’opportunità è il Barcellona. Dietro il Monaco balla, le crepe viste contro il Porto non sono state un incidente di percorso. E se lasci spazio ad una squadra che in rosa ha il “dio del calcio” (per dirla alla Piccinini), puoi soltanto sprofondare.
Così accade. Quando Bernat perde una banale palla in uscita, recuperata con stile da Alves, ecco salire in cattedra Leo Messi. Il quattro volte Pallone d’Oro si accentra, pochi tocchi, un fulmine sul primo palo che inganna Neuer e fa esplodere la gioia del Camp Nou. Guardiola si stizzisce ma non immagina che stia per replicarsi il disastro del Do Dragao – se possibile anche peggio, perché non ci sarà il gol-speranza di Alcantara. Passano tre minuti e Rakitic, un motore perpetuo nelle due fasi di gioco, innesca ancora Messi in verticale e qui arriva il capolavoro dell’artista. L’argentino punta Boateng come un carro armato farebbe con un bersaglio di carta, lo irride mandandolo letteralmente al tappeto; un’accelerazione in una manciata di metri e poi lo scavetto di destro a freddare ancora il Numero Uno tedesco sul secondo palo. Eh sì, questo è proprio un dio del pallone: 77 reti in Champions, una in più della nemesi Cristiano Ronaldo, 407 con la maglia del Barça, 53 in stagione, 10 in 11 gare di Coppa Campioni.
Ma non è ancora finita. Già il 2-0 è una montagna da scalare per il Bayern, in ottica ritorno, se poi i bavaresi non riescono nemmeno a gestire attivamente lo svantaggio limitando i danni, la montagna diventa una catena infinita e invalicabile. E accade anche questo: in pieno recupero gli ospiti prendono un contropiede che, dal mancino di Messi, si trasforma in oro per Neymar. Trenta metri palla al piede che portano il brasiliano a tu per tu con Neuer, punito per la terza volta e senza colpe personali. A questo punto il discorso qualificazione sembra chiuso, non soltanto per il punteggio del primo round, quanto per la qualità con cui il Barcellona lo ha costruito. Difficile immaginare che il Bayern possa replicare il rimontone dei quarti, perché il Barça non è il Porto. Ovvietà. Come la classe infinita di Messi.
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