Italia-Olanda 2-0: la “fame” di Conte sembra contagiosa
Di Emanuele Saccardo3′ Immobile, 9′ rig. De Rossi
ITALIA (3-5-2): Sirigu 6; Ranocchia 6, Bonucci 7, Astori 6; Darmian 6,5 (28′ st Candreva 6), Giaccherini 6, De Rossi 6,5 (22′ st Parolo 6), Marchisio 6 (19′ st Verratti 6), De Sciglio 6 (22′ st Pasqual 6); Immobile 7,5 (32′ st Giovinco sv), Zaza 7 (28′ st Destro 6).
A disp.: Buffon, Padelli, Perin, Ogbonna, Florenzi, Maggio, Poli, El Shaarawy, Quagliarella. All.: Conte 7
OLANDA (4-3-3): Cillessen 6; Janmaat 6 (28′ st Van der Wiel 6), De Vrij 5, Martins Indi 4, Blind 5; Wijnaldum 5,5 (41′ st Fer sv), De Jong 5,5 (18′ st Pieters 5,5), Sneijder 5,5; Kuyt 5, Van Persie 5,5 (35′ st Narsingh sv), Lens sv (12′ Veltman 6).
A disp.: Zoet, Verhaegh, Van Dijk, Van der Wiel, Krul, Klaassen, Depay, Afellay . All.: Hiddink 5,5
Arbitro: Karasev (Russia)
Profilo basso e carattere, tanto fiato e molta umiltà, voglia di riscatto e determinazione su tutti i palloni. La ricetta di Antonio Conte, neo c.t. della Nazionale, sembra essere già stata imparata a memoria dal gruppo azzurro che ieri sera, in quel di Bari, ha superato l’Olanda di Hiddink con un secco 2-0. Addirittura il punteggio è bugiardo, perché l’Italia avrebbe potuto chiudere con un attivo molto più ampio contro la squadra che agli ultimi Mondiali ha raggiunto il terzo gradino del podio. Buffo come nel calcio i valori possano ribaltarsi in pochi mesi, sacrosanto che servisse proprio un terremoto per scuotere l’ambiente Italia uscito malconcio e consapevolmente demoralizzato dal disastro brasiliano.
La “fame” di Conte, quella sua sacchiana cattiveria tattica e agonistica, possono essere la chiave di volta per inaugurare un ciclo azzurro diverso. La gara di ieri in fondo era soltanto un’amichevole per prendere confidenza con ritmi e pressioni che, martedì prossimo a Oslo, varranno i primi tre punti nella corsa verso gli Europei 2016. Il vero battesimo del fuoco sarà contro la Norvegia, ma i novanta minuti del San Nicola sono un segnale, se non altro perché nelle ultime 14 amichevoli l’Italia aveva raccolto la miseria di 7 pareggi, andando ko in altrettante occasioni.
Il vento sembra cambiato, l’appetito è quello giusto tanto per i giocatori quanto per Conte, evidentemente bisognoso di nuovi stimoli che la Juve non poteva più dargli – o che lui non sapeva più trovare, vai a sapere. Il c.t. è andato sul sicuro riproponendo il 3-5-2 di bianconera memoria: fedele alle proprie idee tattiche ha saputo trasmettere in soli quattro giorni quel che bastava per dare forma e sostanza agli undici in campo. Inizialmente Conte ha schierato soltanto due juventini, Bonucci e Marchisio (nella ripresa spazio a Giovinco), più l’ex Giaccherini. Tuttavia emerge come il tecnico abbia presumibilmente impostato la sua “creatura” affidandosi ai vari Buffon, Chiellini (assente in campo ma senatore nello spogliatoio) e De Rossi, gli unici a salvarsi dalla spedizione iridata in Brasile.
Per il resto spazio alla strana coppia Zaza-Immobile là davanti: i due sembrano giocare insieme da sempre e, soprattutto, pare abbiano avuto Conte come allenatore sin dalla tenera età. La punta del Sassuolo ha esordito con il piglio di chi non ha timore, si è procurato il penalty poi trasformato da De Rossi per il definitivo 2-0 e, contestualmente, ha causato l’espulsione di Martins Indi; peccato solo per la rete che si è divorato ma, siamo certi, Conte gli darà modo di rifarsi. Immobile è andato a segno quando ancora c’erano i titoli di testa del match, ben servito da Bonucci, a dimostrazione che il bomber in forze al Borussia Dortmund non ha dimenticato come si fa.
A ben guardare, l’ingrediente principale della ricetta Conte è lo stesso che sta facendo tornare il sorriso in casa Milan: consapevolezza di essere un passo indietro, consapevolezza di dover dare tutto – e di più – per strappare con i denti un risultato positivo. In una parola: umiltà. Forse Inzaghi sta meglio perché non deve fare i conti con la povertà del movimento calcistico nazionale, avendo a disposizione materiale proveniente dall’estero. Conte fa con ciò che ha, come il suo predecessore Prandelli. A differenza del tecnico ora al Galatasaray, però, Antonio da Lecce non bada a operazioni simpatia e codici etici; la sua preoccupazione è fare un gol in più degli avversari, non prenderne uno in meno. Fame, appunto.
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