Roma, stop and Gomez: è crisi giallorossa
Di Emanuele Saccardo65′ e 89′ Gomez
Il paziente Roma è senza dubbio malato. E non sembra qualcosa di passeggero, di stagionale: il momento giallorosso ha tutta l’aria di essere un malanno cronico. Lo certifica la striscia negativa dell’ultimo periodo, lo ribadisce l’eliminazione dalla Coppa Italia per mano della Fiorentina. Quando un paziente mostra sintomi protratti nel tempo, non basta un’aspirina; perché al primo colpo di vento è in agguato la ricaduta, spesso pesante.
Il colpo di vento ieri sera è arrivato dal nord, precisamente dalla Germania: Mario Gomez, due tiri in porta e altrettanti gol per spegnere l’ottimismo pre-gara del dottor Garcia. I segnali di un parziale quadro clinico stabile romanista, tradotti con un primo tempo senza subire reti (di questi tempi una novità per Totti & C.), sono stati spazzati via dalle uniche due occasioni vere per la Fiorentina, capitalizzate dal bomber tedesco nella ripresa.
In un colpo solo Montella sfata il tabù nei confronti della squadra che lo ha cresciuto e lanciato come allenatore (il tecnico di Pomigliano d’Arco non aveva mai vinto contro la Roma), centra la semifinale di Tim Cup che lo vedrà opporsi alla Juventus, storica rivale dei Viola, e mina fortemente l’ambiente intorno a Garcia. Lui e la squadra sono stati sommersi di fischi al termine dell’incontro: il popolo giallorosso inizia ad avere la pazienza a orologeria, visto che la vittoria all’Olimpico manca ormai da 7 incontri (l’ultimo successo interno risale al 2014, alla sfida di campionato contro l’Inter).
Qualche attenuante, tuttavia, la Roma ce l’ha: gli infortuni (Strootman è solo l’ultimo della lista), l’assenza di Gervinho impegnato in Coppa d’Africa, i nuovi arrivi che ancora devono inserirsi al meglio. Ma gli alibi, di fronte all’inspiegabile involuzione mentale di Astori, Cole e Maicon – per fare solo degli esempi – rischiano di trasformarsi in scuse fragili. La Fiorentina, è bene ricordarlo, gioca sicuramente un ottimo calcio e il 3-5-2 di Montella funziona come un orologio svizzero a dispetto della perdita di Cuadrado. La squadra toscana ha la sua forza in mezzo al campo: l’esperienza talentuosa di Borja Valero e Pizarro, mixate con la crescita importante del croato Badelj, sono un’arma di buon livello che può mettere in crisi qualunque avversario. Ma Joaquin non è Cuadrado e Cole, sulla catena di sinistra, ha perso nettamente la sfida contro lo spagnolo nonostante avesse l’opportunità di sostenere la manovra offensiva con una certa libertà. Risulta chiaro quindi che qualcosa nei meccanismi giallorossi continua a non tornare.
Con la Fiorentina che difende e attacca ordinatamente, e una Roma che si affida quasi soltanto alle buone idee di Naingollan e Keita (gli unici a meritare la sufficienza piena), la gara scorre senza grandi emozioni fino a metà ripresa. Gomez si ricorda di colpo che i giallorossi sono tra le sue vittime preferite (5 gol in 5 confronti, sia con la maglia viola che con quella del Bayern) e nello spazio di 20 minuti sigilla il match con due reti quasi identiche, nate da due assist di Pasqual. Il tedesco prosegue nella sua serie positiva (5 sigilli nelle ultime 3 uscite tra campionato e Coppa) e inizia ad intendersi con Diamanti, gigliato di fresco ritorno dopo l’esperienza in Cina.
Anche la Roma prosegue, purtroppo per Garcia e soci sulla china sdrucciola di una stagione che rischia di essere avara di soddisfazioni. Di Benedetto e Pallotta si erano dati formalmente 5 anni per arrivare a costruire uno stadio di proprietà e una squadra vincente: il progetto, a distanza di 4 stagioni, sembra non essere mai decollato (sicuramente sul fronte stadio) e con un buco di bilancio di 130 milioni di euro da risanare, le prospettive non paiono tra le più rosee. Ciò che accade in campo, forse, è soltanto un riflesso di quel che succede intorno alla scrivania del Consiglio di amministrazione.
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