Champions: occhio ai neo-Galacticos di CR7, Mou si schianta a Parigi
Di Emanuele SaccardoReal Madrid – Borussia Dortmund 3-0
3′ Bale, 26′ Isco, 56′ C. Ronaldo
Psg – Chelsea 3-1
3′ Lavezzi (P), 26′ Hazard rig. (C), 62′ Daviz Luiz aut. (C), 93′ Pastore (P)
Seconda parte delle gare di andata dei quarti di finale della Champions League 2014: sulla strada verso Lisbona, nessuna sorpresa da Madrid, qualche bookmaker con le mani tra i capelli, invece, dalle parti di Parigi. A questo punto della competizione più importante del Vecchio Continente, non c’è da sorprendersi più di nulla in realtà; quando si affrontano le otto migliori squadre d’Europa, beh, tutto può succedere. Eppure il pesante tonfo di sua maestà Mourinho a due passi da Versailles, in tutta sincerità, non era così ipotizzabile.
A leggere bene i segnali, le dichiarazioni e l’andamento di Psg e Chelsea in questa stagione, si scopre che puntare tutto sui parigini non è poi una follia. Lo Special One, a suo tempo, ebbe a dichiarare quanto la sua squadra non fosse pronta per arrivare a primeggiare in Champions – e, in tutta franchezza, anche in Premier si è fatta scippare la testa della classifica dal Liverpool. Così il 3-1 targato Lavezzi e Pastore (cui si aggiunge il goffo autogol di David Luiz) non stupisce, soprattutto per la forza e la compattezza dei padroni di casa guidati da Blanc. Più velocità sulle fasce e più peso in attacco rispetto alla lenta retroguardia capitanata da Terry, e un bonus andato a buon fine: l’assenza di Eto’o e Torres sulla sponda dei londinesi. Il ritorno, ad ogni modo, non sarà una pura formalità per i transalpini che puntano in alto: non ci sarà forse Ibra (uscito anzitempo per un sospetto stiramento) e non è sicura nemmeno la presenza di Verratti. In più, a Stamford Bridge il pubblico potrebbe trascinare i Blues verso un’impresa che saprebbe di miracolo.
Discorso a parte per l’armata semi invincibile costruita da Carlo Ancelotti. Il gruppo che il tecnico ex Milan ha ereditato proprio da Mourinho, non è più un’accozzaglia di fenomeni: è un fenomeno a 11 teste. Tutti corrono, contrastano, giocano, attaccano e difendono con un obiettivo chiaro e comune: vincere. Il vertice naturale dei neo-Galacticos non può essere che Cristiano Ronaldo, giunto ieri sera alla rete numero 14 nel torneo di quest’anno – eguagliato il record di Messi e Altafini, con almeno un’altra partita da disputare per superarlo.
Abbiamo definito il Real semi invincibile soltanto perché nella Liga ha perso due gare di fila, facendosi soffiare la testa dall’Atletico e vedendosi scavalcato dal Barcellona. Ma ieri, contro il Borussia Dortmund, la macchina perfetta messa a punto da Don Carlo ha ricominciato a mangiarsi asfalto e avversari. Con tutta la buona volontà, i gialloneri di Klopp (finalisti della passata edizione, è bene ricordarlo) non hanno potuto granché di fronte alle Merengues. Il 3-0 mandato in archivio grazie a Bale, Isco e CR7, però, non deve totalmente ingannare, perché i tedeschi hanno cercato più volte la via della rete e avrebbero anche meritato un gol – che in ottica qualificazione sarebbe stato di platino.
Non è bastata l’abnegazione: quando in campo non c’è il più importante finalizzatore della tua rosa, ogni tentativo diventa vano. Klopp può quindi recriminare per la pesante assenza del bomber Lewandowski, giustiziere proprio dei Blancos con il poker nella semifinale del 2013. Quest’anno è tutto diverso, il Real ha fame e vuole la Decima e la gara di ritorno del Westfalenstadion si profila all’orizzonte come una pura formalità; anche se in casa del Madrid il fiato resta sospeso per le sorti di Ronaldo. Il Pallone d’Oro è uscito prima del novantesimo per il riacutizzarsi del dolore al ginocchio destro che lo ha tormentato nell’ultimo periodo. Ancelotti e tutto il popolo madrileno restano con le dita incrociate.
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