Verso Napoli-Lazio – Spalletti in conferenza stampa
Di Alessandro LugliVerso Napoli-Lazio – Spalletti in conferenza stampa:
Il Napoli mio e quello di Sarri? Ci portiamo dietro una cultura di lavoro iniziata da altri, ci portiamo dietro un modo di stare in campo che aveva caratteristiche di chi ha preceduto i calciatori attuali. Sarri ha delle cose che sono simili, ci piace andare in tuta, metto gli scarpetti a 13 tacchetti, abbiamo l’idea di voler fare la partita e comandare il gioco attraverso un tema trattato ultimamente come il possesso palla. Noi con la palla possiamo decidere dove giocare la partita, poi è chiaro che è fondamentale saper alternare ritmi e dimensioni del possesso palla. Bisogna saper alternare il possesso palla ed il gioco verticale, se vengono a prenderti devono avere dimensioni di squadra per non farsi prendere dietro la linea. Sarri è stato un po’ un Masaniello calcistico, si è reso capopopolo di una rivolta nel modo di vedere il calcio: quando ero a casa a vedere le partite, vedevo solo il Napoli e lo applaudivo. La bellezza del calcio, non mi importa se il mio è meglio o peggio: quando ho potuto, sono andato a vedere le partite che ha giocato il Napoli di Sarri. Sul campo d’allenamento ci sono ancora le linee di passaggio del Napoli di Sarri, e lì scorre ancora più veloce.
Percezione diversa ed atmosfera contenuta in città? Sicuramente dipende da una conoscenza del calcio in generale, da una maturità nel saper valutare le cose come funzionano anche nella vita normale: è fondamentale che i tifosi non ci aspettino all’arrivo, ma che scendino in campo finora come hanno fatto. Non devono dare retta a chi vuole farci levare le mani dal volante per alzarle in segno di vittoria prima di tante curve in cui possiamo sbandare. Ho sentito anche messaggi da tifosi in giro per il mondo che si emozionano quando gioca il Napoli, la loro emozione diventa fondamentale se riescono a farcela sentire vicina senza anticipare eventuali discorsi futuri.
L’intervista di Osimhen e la tenuta mentale? Bisogna intervistare Demme e chi gioca di meno, chissà se esce lo stesso discorso (ride). Diego meriterebbe di giocare perchè calciatore esperto e che sa fare il suo lavoro. Per me diventa sempre facile lavorare con ragazzi che hanno qualità, attitudini alla disponibilità, a saper ascoltare, ad apprendere qualcosa in più per poter andare avanti. La qualità è la loro, non la mia: sono calciatori forti, persone che hanno disponibilità al lavoro, li ringrazio quando parlano bene di me ma gli artefici di ciò che succede sono loro.
Il manifesto del mio calcio? Non so, mentre Sarri saprà lui qual è il suo. Bisogna avere il coraggio di giocare le partite, ma dipende da che tipo di calcio si vuole fare: le persone si stimolano di più dicendogli di dare una botta in avanti o creando il gioco che si vuole? Si cerca di percorrere un qualcosa che piace, reputo fondamentale. Non mi piace fare un calcio dove tutti sono davanti alla difesa, anche se ho perso stesso. Se una cosa non mi piace non la so interpretare e non so farla piacere ai giocatori. Io credo che loro siano contenti del calcio che giocano, e poi c’è sempre uno step successivo. Quando sono arrivato qui ho provato a fare una battaglia per far tornare la gente allo stadio, e ora è il segno che si fa qualcosa che a loro crea emozioni. Uno spettatore arguto come quello napoletano bisogna fargli riconoscere le qualità nel calcio giocato. Si fa quella cosa lì e poi si vede, niente si può turbare se non qualcosa di clamoroso. Si sa dove iniziare e non si sa dove si finisce.
Se fossi un osservatore esterno quali differenze troverei? Lui è sicuramente più ordinato di me nello stare in campo, è leggibile la sua quadratura tattica da un punto di vista difensivo e controffensivo nonchè di pressione. Quando vedo giocare la Lazio e che fa un calcio bellissimo, gli si riconosce questa chiusura totale. Noi domani dobbiamo trovare la finestra dove prendono aria, perchè la porta la chiudono precisi a doppia mandata: sono un corpo unico nelle cose che fanno. I nostri ogni tanto in due attaccano ed in due scappano, da un punto di vista della praticità non so se sia meglio: a me piace così, a lui bisogna chiederlo perchè dà sempre risposte interessanti.
Ho mai sognato di vincere lo scudetto? L’obiettivo quando uno fa un lavoro è arrivare più in là possibile, se è lo scudetto allora è quello lì. Poi ci sono altre cose che soddisfano: non sono di quelli che vincere a tutti i costi e magari l’anno dopo fallisce, a me piace collaborare con la società e fare un discorso più corretto, cercando di produrre un lavoro che permetta di fare un passo per volta alla ricerca di obiettivi comuni nella possibilità di quella società.
Lazio-Napoli ha cambiato la stagione? Secondo me le due partite precedenti hanno dato la svolta, Lecce e Fiorentina hanno creato una disponibilità al sacrificio per trovare soluzioni corrette. Poi ad un momento qualcosa scatta, a forza di fare le stesse cose il livello cambia e diventa differente. Si è lavorato credendo che il livello potesse cambiare, e questo è successo come succede sempre. Altrimenti non avrebbero significato la personalità, il modo di lavorare, la disponibilità al sacrificio.
Gli scudetti si perdono in albergo come nel 2018? Bisogna dire a lui se quel risultato influì sulla corsa scudetto, secondo lui molto. Io però prendo sempre me, per obiettivo alle cose che non vanno come vorrei. Noi giochiamo le nostre partite e voi le vostre, in quella partita feci sostituzioni che forse determinarono quella roba lì: le rifarei, forse con dettagli differenti visto come andavano le cose. Se io sono responsabile di ciò che è successo mi date tanta importanza. Non parlo degli errori di nessuno, il responsabile sono io e lo sono delle cose che non vanno come vorrei. Sbagliammo dei gol, probabilmente potevamo avere altro atteggiamento e quello che abbiamo fatto in dieci domenica ad Empoli lo potevamo fare anche quel giorno contro la Juventus. Non sono io il responsabile, voglio ribadirlo lo stesso.
Un pizzico di rivincita personale perchè sono celebrato e c’è chi dice che non abbia vinto lo scudetto? Non faccio pensieri che possano suscitare rivincite, io devo fare bene il mio lavoro e non altro. Perchè poi sono i risultati del calcio giocato a fare la differenza, ci sono delle pagine Facebook su di me con ragazzi giovani che ti seguono e commentano ciò che dici, è una cosa che ti rende ancora più responsabile. Fa piacere, si va a lavorare in maniera responsabile. Quando ho litigato, ho sempre tentato di difendere il lavoro della società. Magari ad amici di alcuni allenatori conviene dire che faccio confusione, ma il mio lavoro professionale è far giocare bene al calcio, preparare l’allenamento, dire al calciatore quando è più motivato e quando è più demotivato. Il resto non mi interessa.
Io vengo sempre di conseguenza alla qualità dei giocatori e alla loro disponibilità, devo essere bravo a sollecitare delle cose e stare attento a tutto ciò a cui loro dimostrano disponibilità. Abbiamo ancora tante partite da giocare, ci sono discorsi che appartengono al futuro.
Cosa stimola di più, la maturità raggiunta dal gruppo, scrivere una pagina di storia per la città, l’ambizione personale? Mancano ancora delle partite, secondo me è un modo presuntuoso di ragionare che non ci appartiene e non appartiene ai ragazzi: se c’è una cosa che ci sta a cuore, è la propria felicità in base alla felicità che riesci a dare a quelli davanti. Tutto per lei, come già detto. La cosa che più ci rende felici è rendere felici i nostri tifosi, vedere esplodere di gioia la città”.
Commenta o partecipa alla discussione