Mancini ct, si può: le buone ragioni di un’occhiata al passato

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Roberto-ManciniOccorre un cambiamento. E, spesso, per andare avanti è necessario volgere lo sguardo indietro; per tornare ad essere giovani nelle idee e scrostare il pensiero da ciò che lo rende vecchio. O, se preferite, (Ta)vecchio. In questo inizio agosto che si preannuncia di passione – Federale -, esistono i presupposti per auspicare Roberto Mancini come successore di Cesare Prandelli sulla panchina dell’Italia. A prescindere da chi verrà nominato Presidente dall’assemblea elettiva Figc fissata per il prossimo 11 agosto.

Le ragioni che portano ad individuare nella figura del Mancio il nuovo c.t. azzurro sono poche e semplici: innanzitutto non esistono alternative di alto profilo all’ex allenatore del Galatasaray. Antonio Conte sembra fortemente intenzionato a prendersi un anno sabbatico e gli altri probabili candidati (Guidolin, Spalletti e Cabrini) non rientrano nei piani della Federazione. Alla panchina dell’ormai piccola Italia serve come il pane un uomo di polso e carattere, abituato a vincere; questo conduce al secondo punto e al curriculum di Mancini: ha sollevato trofei in qualunque piazza, a partire da Firenze e Roma (Coppa Italia con Fiorentina e Lazio) per proseguire a Milano sponda Inter (3 scudetti, 2 Coppe Italia e altrettante Supercoppe nazionali) e Manchester sponda City (Community Shield e Premier League al primo colpo). Senza dimenticare le ottime prestazioni europee con il Galatasaray e la Coppa di Turchia messa in bacheca.

Mancini ha poi età e pretese economiche dalla sua parte: tra pochi mesi compirà mezzo secolo, l’esperienza gli è amica e il vigore è ancora suo alleato, inoltre sa perfettamente che la Federazione di casa nostra non gli può garantire gli ingaggi faraonici cui è abituato. Con molto senso patriottico ha fatto sapere che se la Figc lo chiamerà, arriverà di corsa senza badare alle cifre. L’ultimo punto, quello che conduce a rivolgere la mente al passato, concerne la figura del Commissario Tecnico nella sua essenza: più che un allenatore, deve essere un selezionatore. Lo furono con ottimi e buoni risultati rispettivamente Valcareggi (titolo europeo nel ’68 e secondo posto al Mondiale del 1970) e Vicini (semifinalista ad Euro ’88 e bronzo a Italia ’90). Mancini ha dimostrato di saper scegliere bene gli uomini da condurre in battaglia: da giocatore prima, con le maglie di Samp e Lazio, da allenatore poi, si è distinto per la grande perspicacia e la precisione nel chiedere e ottenere ai presidenti le pedine funzionali ai suoi progetti. Con la Nazionale avrebbe mano ancor più libera perché non esiste il gravoso peso di ingaggi e prezzi di cartellini.

Non c’è dubbio: l’uomo giusto è Roberto Mancini. Tutto però dovrà ancora attendere, fino al 11 agosto non è dato sapere chi siederà sulla poltrona più alta della Federazione. Il tempo stringe, la prima amichevole del nuovo corso è fissata per il 4 settembre contro l’Olanda. Il vespaio alzato dalle affermazioni razziste di Tavecchio, oltre che aver scomodato la Fifa, rischia di creare ulteriori confusioni e ritardi in un sistema che certo non ne ha l’urgenza, tutt’altro. Il rischio del commissariamento da parte di Malagò e del Coni pare scongiurato, tuttavia la bagarre tra Albertini (inviso alla maggioranza dei Presidenti di Serie A) e Tavecchio (ancora spalleggiato da 3 leghe su 4 e da quasi tutti i club della massima Serie) non sembra avviata ad una facile e rapida soluzione.


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